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..e le stelle ancora potenziali

a cura di Daniele Lepido

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Ci sono le super antenne "milanesi" per trasmettere l'alta definizione tv da una parte all'altra della casa. Ma anche i pesticidi naturali made in Sassari, la radio per Facebook a Bologna, la plastica "termoregolabile" di un ricercatore di Cosenza e le microturbine eoliche da mettere, si fa per dire, sul balcone. Tutte startup, tutti progetti di valore passati al vaglio di un ente di prestigio come l'associazione italiana degli incubatori universitari e delle business plan competition. Tutte risorse fresche, pronte da lanciare sul mercato a patto che ci sia qualcuno che ci investa del denaro. Perché molti di questi progetti – anzi i loro "inventori" – campano con assegni di ricerca poco incoraggianti per l'animo e le tasche. Se fossimo negli Stati Uniti è probabile che qualche venture capitalist avrebbe già staccato a questi indirizzi un assegno sostanzioso per mettere in moto le macchine. In Italia proprio in questo settore qualcosa si sta muovendo, nonostante la crisi, ma non basta. La speranza si chiama 2010.

Antenne per ritrasmettere nelle abitazioni private il segnale di internet ma anche l'alta definizione televisiva. Senza più cavi e cavetti. La promessa di far sparire i "fili" tecnologici dalle case, con mini-ripetitori di nuova generazione, arriva dalla Adant, spin off del Politecnico di Milano.
«Le normali antenne sono omnidirezionali – racconta Daniele Piazza, uno dei tre soci fondatori di Adant – mentre le nostre sono state studiate per creare collegamenti diretti punto-punto tra trasmettitore e ricevitore, risparmiando anche il 50% dell'energia, senza inutili dispersioni». Ma anche modulando la potenza del segnale in maniera intelligente. Si parla quindi di access point di nuova generazione, le "scatolette" che diffondono nelle case il segnale internet delle centraline Dsl, anche se la frontiera di questa tecnologia potrebbe essere un'altra: la ri-trasmissione in stanze diverse del segnale televisivo in alta definizione senza spine o fili chilometrici.
Anche gli insetti si ammalano. Partendo da questo semplice dato di fatto il sassarese Luca Ruiu, 34 anni, laureato in scienze agrarie e specializzato in entomologia, ha pensato di mettere a punto dei pesticidi naturali. E di costruirci un (potenziale) business, con una società ai nastri di partenza che si chiama Bioecopest. Niente sostanze chimiche per i pesticidi "green", ma solo derivati naturali dei nemici degli insetti, come batteri, virus e funghi non dannosi per l'uomo e per le piante.
Tra le sostanze già brevettate dal ricercatore sardo c'è proprio un batterio, una particolare variante del brevibacillus laterosporus, un bio-moschicida naturale per il quale si stanno già studiando molte applicazioni. Unica difficoltà: l'iter italiano perché queste sostanze siano approvate è molto lungo. «Se ne parlerà solo tra quattro-cinque anni», racconta Ruiu. Che intanto continuerà a fare ricerca e sviluppo, magari aspettando un venture capitalist.
Alla ricerca di nuove energie. Dopo il boom del solare e l'installazione per le aziende (e qualche privato) di un parco fotovoltaico in lenta crescita, la prossima svolta nel campo delle rinnovabili "casalinghe" potrebbe essere l'eolico. In questo mercato è scesa in campo con turbine innovative la Eolicar di Torino, guidata da Andrea Bertello, una laurea in economia in tasca, già al lavoro nell'azienda di famiglia, la Olicar, attiva nel comparto dei servizi energetici.
Il punto forte sarà la produzione di mini-impianti eolici, ideali anche per aziende e famiglie, con una potenza a partire da 15 chilowatt. Piccoli, si fa per dire, visto che si parla comunque di pali alti almeno 18 metri con pale lunghe nove.
«Oggi installare un impianto eolico costa ancora molto meno rispetto al solare – spiega Andrea Bertello, titolare della Eolicar – diciamo nella misura del 30-35 per cento».
Immaginate un materiale trasparente come il vetro e appiccicoso come lo scotch che fa risparmiare fino al 30% di energia, riscaldamento d'inverno e aria condizionata d'estate. Questo materiale esiste ed è stato messo a punto da un ricercatore dell'Università della Calabria, laureato in chimica e specializzato in scienze e tecnologie delle mesofasi e dei materiali molecolari. Lui si chiama Marco Castriota, ha 34 anni, e sta per aprire un'azienda che dovrebbe chiamarsi Notredame, «anche se vado avanti con l'assegno del dottorato di ricerca», dice al Sole 24 Ore.
Il materiale inventato da Castriota si chiama smartlayercal ed è un "film" di plastica elettrocromico, cioè in grado di cambiare colore, da applicare alle finestre, e in grado di controllare il flusso di calore tra ambiente esterno e interno, controllabile via wi-fi. Il costo? A partire da 250 euro al metro quadro.
Sei soci con in comune l'esperienza di un'altra startup (la Waymedia), specializzata in marketing online, ora in fase di vendita al gruppo milanese A-Tono. La nuova realtà pronta a partire il 31 gennaio si chiama Spreaker (con la r), ed è l'idea di una radio online da mettere su Facebook. Le radio in streaming in rete non sono una novità, ma con Spreaker ci si concentra sulla voce, anziché sulla musica, e si mettono a disposizione degli utenti, gratuitamente, tutti gli strumenti per mixare i suoni e per andare in onda live, dando la possibilità agli amici del social network di ascoltarci in tempo reale.
Ma chi paga? «Ovviamente la pubblicità – rivela Francesco Baschieri, giovane imprenditore di Bologna – che vorrebbe riportare su internet lo spirito delle radio libere degli anni Settanta – visto che quello che chiediamo ai nostri utenti sono 30 secondi di spot ogni quindici minuti di trasmissione. Con un obiettivo di fatturato in cinque anni di 20 milioni di euro.
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