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La stampa Usa: «I repubblicani hanno ucciso l'industria dell'auto»

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Le reazioni

L'opposizione repubblicana al Senato ha ucciso il piano di salvataggio da 14 miliardi di dollari dell'industria automobilistica americana, mettendo in dubbio il suo futuro e minacciando di dare un altro colpo all'economia».

Il «Los Angeles Times» commenta così il mancato accordo sul pacchetto di aiuti alla General Motors e alla Chrysler, che, oltre ad avere conseguenze sui mercati di tutto il mondo, è «carica di rischi politici» per gli stessi repubblicani. «La drammatica rivolta del Gop al Senato», scrive «The Politico», espone il partito «alle critiche potenzialmente devastanti secondo cui la mancanza di un compromesso condannerà le Big Three e aggraverà la recessione economica».

Non è un caso che il presidente uscente George W. Bush si sia speso in prima persona in questi giorni perché si arrivasse a un compromesso, nelle stesse ore in cui il suo vice Dick Cheney avvertiva: «Se non approveremo il piano, saremo conosciuti per sempre come il partito di Herbert Hoover», il presidente repubblicano sotto il cui mandato ebbe inizio la Grande depressione degli anni Trenta, emergenza che non fu in grado di gestire.

La verità è che quanto accaduto al Senato - dove repubblicani e democratici non sono riusciti a trovare un'intesa sull'equiparazione dei salari dei dipendenti delle aziende americane a quelli di aziende straniere come Toyota e Honda - conferma la profonda spaccatura all'interno del Gop tra gli eletti negli Stati dell'auto e nella cosiddetta Rust Belt, la 'cintura dell'acciaiò (il Midwest e del Nordest industriali), e i colleghi del sud, che invece rappresentano gli Stati in cui produttori di auto straniere costituiscono una presenza economica significativa.

«Io non penso alla politica, ma penso alle cose concrete - ha detto dopo lo stop al Senato George Voinovich, rappresentante repubblicano dell'Ohio, fra i dieci che hanno votato ieri insieme ai 42 repubblicani per far avanzare il piano - io penso alla gente che sta perdendo il lavoro, ai fornitori e ai venditori di auto». Dopo quanto successo, infatti, difficilmente i repubblicani saranno in condizione di replicare a quanti li accuseranno di essere insensibili alle sorti dell'industria automobilistica americana.

Tuttavia, all'interno del Gop, c'è uno zoccolo duro di congressisti che vuole approfittare di questa occasione per recuperare lo spirito originario del partito, che ha nel suo dna il limitato intervento del governo in economia. «Politicamente - spiega il senatore Jim DeMint, della Carolina del Sud - penso che i repubblicani possano dimostrare in questo caso la vera differenza con i democratici. Io penso che gli elettori si rivolgeranno contro tutti quanti noi se la recessione peggiorerà nei prossimi mesi, perché vedranno tutto il denaro che è stato buttato e capiranno che l'origine di questa recessione sta in una cattiva politica del governo».
Di tutt'altro parere l'amministrazione uscente, costretta a incassare questa bruciante sconfitta a cinque settimane dalla fine del suo mandato. «Siamo delusi che il Congresso non sia riuscito ad agire - ha commentato la Casa Bianca in una nota - Noi pensiamo che la legislazione che abbiamo negoziato rappresenti un'opportunità per usare fondi già predisposti per i produttori di auto e la chance migliore per evitare una bancarotta, assicurando al contempo che i fondi dei contribuenti vadano solo alle aziende i cui vertici siano pronti a prendere decisioni difficili». (segue) «sarà un Natale molto, molto brutto per tanta gente a causa di quello che è successo ieri sera», ha detto dal canto suo Harry Reid, leader della maggioranza democratica al Senato, mentre il repubblicano Mitch McConnell, capo della minoranza, definiva «semplicemente inaccettabile per la gran parte di noi la proposta che l'amministrazione aveva negoziato in buona fede con la maggioranza democratica e questo perché noi riteniamo che non possa funzionare».
Dopo il mancato accordo al Senato, la Casa Bianca può ancora decidere di utilizzare quanto previsto dal piano di salvataggio del settembre scorso da 700 miliardi di dollari (il cosiddetto Tarp) per garantire aiuti all'industria dell'auto, un'ipotesi che finora però Bush non ha voluto prendere in considerazione. Quanto successo, scrive il «New York Times», rappresenta «una bruciante sconfitta per il presidente Bush nelle ultime settimane del suo mandato e anche per il presidente eletto Barack Obama, che ancora ieri aveva rivolto un appello al Congresso perché si evitasse la perdita di altri posti di lavoro in un'economia già profondamente debilitata». .

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