Mettiamoci il cuore in pace. L'automobile pulita a larga diffusione, in grado di incidere radicalmente sulle condizioni di salute del Pianeta, è ancora di là da venire. E le alternative disponibili – dal metano al Gpl, dall'ibrido al bioetanolo laddove utilizzabile – possono essere utili ed efficaci. Ma i protagonisti della mobilità individuale resteranno ancora a lungo i carburanti di origine fossile. la vera sfida, semmai, è di utilizzarli in modo più efficiente e meno inquinante.
In quest'ottica la ricetta vincente ha un nome preciso: turbocompressore. Soluzione che ha pemesso, assieme all'iniezione diretta common rail, la... scalata sociale (e di mercato) del diesel. E che oggi può propiziare la riscossa dei motori a benzina, che grazie al turbo possono colmare il gap accumulato nei confronti del gasolio come piacevolezza di guida e risposta ai bassi regimi.
Il comparto del turbo è dunque in piena salute, e cresce dell'8-10% annuo rispetto al 2-3% dell'industria dell'auto nel suo complesso, almeno prima della grande crisi. «E il futuro promette ancora meglio» ci dice Alex Ismail, presidente della divisione "automobilistica" di Honeywell Turbo Technologies, società leader del settore. Due le ragioni dell'ottimismo: l'attesa di norme restrittive da parte della Ue in termini di emissioni di CO2 e il costo del petrolio che, sia pure tra alti e bassi, rimane strategico: «I nostri clienti devono fronteggiare tutti gli stessi problemi, per rispondere alla crescente domanda di vetture meno care con costi di possesso meno elevati».
È l'altra faccia del turbo, la più attuale di una tecnologia storicamente nata per implementare le prestazioni e oggi capace invece di dare risposte credibili a chi chiede automobili più rispettose dell'ambiente. È il fenomeno dilagante del dowsizing che, all'insegna del motto "smaller is better", consente di realizzare motori piccoli in termini di costi, consumi ed emissioni, ma con performance e piacere di guida degni di cilindrate superiori. E questo vale sia per la benzina che per il diesel. Il che mette la prima in condizione di recuperare il terreno perduto in Europa, il secondo di affacciarsi con buone possibilità laddove – Usa su tutti – la convinzione che la benzina low cost fosse un benefit eterno aveva indotto a snobbare l'alternativa (un tempo) più... fumosa.
«Oltretutto la tecnologia dei turbocompressori – continua Ismail – ha margini di miglioramento ancora elevati in termini di integrazione con l'elettronica, impiego di materiali ad alta resistenza termica, applicazione di nuove tecniche di fabbricazione, evoluzione verso sistemi che non richiedono il ricorso all'olio lubrificante».
A sostenere queste rosee previsioni concorrono le stime, decisamente incoraggianti, sulla diffusione dei motori turbo nel mondo. La loro penetrazione sul totale delle immatricolazioni globali è destinata a passare dall'attuale 27% (pari a 18 milioni di auto) al 35% (40 milioni di unità) del 2013. Nello stesso periodo la crescita suddivisa per macroaree vedrà l'Europa passare dal 60 al 77%, l'India dal 30 al 37, la Cina dal 13 al 21, il Giappone dal 14 al 15 e gli Usa da 6 al 16 per cento.
