A Yakeshi, nella Mongolia Interna, al confine fra la Cina e la Siberia, lavorano da qualche mese decine di tecnici specializzati nelle tecnologie che servono a rendere le automobili più sicure. Vengono dalla Germania e da molti altri Paesi e sono la testa di ponte cinese dell'azienda multinazionale Bosch, ma rappresentano anche la metafora del forte interesse delle aziende che gravitano attorno al settore automobilistico per il mercato locale.
Un interesse crescente che nasce da una semplice constatazione: nei prossimi decenni gran parte delle automobili prodotte nel mondo saranno vendute in Cina, un Paese dove per il momento circolano 40 veicoli ogni mille persone, contro i 440 della Germania e i 770 degli Stati Uniti. Parliamo di circa 45 milioni di auto circolanti per una popolazione di 1,3 miliardi. Aziende come la Bosch, ma anche i grandi nomi dell'automotive mondiale, da Volkswagen a Toyota, stanno investendo somme da capogiro in Cina, perché non è affatto scontato che i loro marchi riescano a imporsi in un mercato che esprime anche decine di case automobilistiche locali, determinate a ottenere la loro fetta della torta più ambita del pianeta, automobilisticamente parlando.
Le aziende straniere, europee, americane e giapponesi in testa, puntano sulla tecnologia per vincere la loro battaglia cinese. Perché lo sterminato mercato automobilistico locale non è soltanto una grande opportunità commerciale, ma anche (e sotto alcuni punti di vista, soprattutto) un'occasione storica per progettare una forma di mobilità più sostenibile e sicura. Come è avvenuto per altre tecnologie, anche quella automobilistica, quando viene applicata in territori ancora parzialmente vergini, ha l'opportunità di saltare alcune fasi dello sviluppo per proiettarsi in breve tempo in uno scenario più evoluto.
A Yakeshi, la Bosch progetta sperimenta in condizioni climatiche estreme (la temperatura invernale raggiunge i -30 gradi) i suoi sistemi di sicurezza, dal l'Abs, che serve a evitare lo slittamento in frenata, all'Esp, che controlla le ruote durante le curve per garantire la stabilità. Ferdinando Sorrentino, il direttore del Centro Prove Bosch di Yakeshi, ha spiegato a Nòva24 che uno dei suoi obiettivi è fare in modo che il Governo cinese si muova direttamente per promuovere l'uso di questi sistemi nelle auto vendute e prodotte in Cina.
«Nel 2007, gli Stati Uniti hanno approvato una nuova legge che dispone l'installazione di un sistema Esp su tutti i veicoli leggeri con massa complessiva fino a 4,5 tonnellate a partire dall'anno di fabbricazione 2012», fa sapere la Bosch. «Anche l'Australia ha annunciato un provvedimento simile. E nel maggio scorso il Parlamento europeo ha presentato una proposta di legge analoga per rendere il sistema Esp di serie su tutti i nuovi modelli di veicolo a partire da ottobre 2012 e su tutti i nuovi veicoli da ottobre 2014». Se e quando la Cina dovesse prendere una decisione analoga, le opportunità per chi produce questi dispositivi sarebbero enormi; ciò spiega l'investimento di 17 milioni di euro deciso da Bosch per il suo nuovo centro prove cinese.
L'altro scenario tecnologico su cui si gioca la partita automobilistica cinese è la sostenibilità ambientale. La crescita del mercato dell'auto locale si basa sul fatto che un numero crescente di persone passerà nei prossimi anni da sistemi di mobilità come la bicicletta, i carri trainati da cavalli e i mezzi pubblici all'automobile, il che nasconde un problema potenzialmente molto grave per l'ambiente. Così la Cina è diventata un importante banco di prova per le auto elettriche. Un banco di prova su cui le auto made in China potrebbero giocare un ruolo da protagonista. Il produttore locale Byd ha presentato recentemente un veicolo ibrido chiamato F3Dm e capace di percorrere cento chilometri con la batteria elettrica prima della ricarica successiva. Il prezzo stimato di vendita sul mercato cinese è molto competitivo: 149.800 yuan (meno di 16mila euro). L'azienda intende vendere 350mila unità nel 2009 e prevede quest'anno il lancio di una vettura interamente elettrica. Ma i big internazionali non stanno a guardare e hanno anch'essi in programma di lanciare sul mercato cinese i loro veicoli ibridi.
Il mercato automobilistico cinese è considerato da tutti l'Eldorado del settore. Ma è stato anch'esso colpito dalla crisi finanziaria internazionale. Nel 2008 il settore ha fatto registrare, secondo la China Association of Automobile Manufacturers, una crescita del 6,7 per cento: il peggior risultato degli ultimi 10 anni. E il 2009 non si annuncia migliore, tanto da convincere il Governo a varare pochi giorni fa un piano draconiano per supportare il settore automobilistico che dovrebbe, secondo i promotori, riportare la crescita al 12 per cento. Fra le leve utilizzate, il taglio delle tasse sul carburante, un pacchetto di sovvenzioni statali per i veicoli ibridi e a basso impatto ambientale e un sistema di finanziamento della rottamazione simile a quelli impiegati per anni in molti Paesi europei.