Guida la pattuglia Byd, nome ignoto fino a quattro anni fa nel mondo dell'auto, ma conosciutissimo per le sue pile. È la società che cavalca con più convinzione la promessa del Governo cinese di arrivare a coprire, con le auto elettriche e a celle di combustibile, almeno il 10% delle vetture circolanti nel Paese. Ma ci sono altri candidati in pista, e vanno dalle grandi case come Dongfeng a costruttori minori come Qirui e Wanxiang che puntano sulla nuova filiera per evitare di farsi assorbire dai big.
Pechino preme l'acceleratore: l'ente elettrico cinese ha avviato un programma per installare delle reti di ricarica in dieci grandi città. In Cina funziona così: prima le innovazioni si "sperimentano" su scala limitata, poi si estendono a tutto il Paese. E il Governo ha tutti gli strumenti per premere sull'acceleratore quando lo deciderà: detassazione, equipaggiamento con veicoli elettrici delle flotte di taxi e mezzi pubblici, e via dicendo.
In questo contesto, Byd ha scelto di bruciare i tempi: entro fine anno intende immettere sul mercato il suo primo modello ibrido prodotto su larga scala: la F3e con un'autonomia dichiarata (ciclo urbano) di circa 300 km. Prezzo di listino previsto: meno di 20mila dollari.
La società, grande produttore di componenti elettronici e ottici, ha rilevato nel 2005 un piccolo assemblaggio di auto a Xi'An che produceva un centinaio di vetture al mese ma aveva un asset importante, la licenza di costruttore. Da allora ha fatto parecchia strada: con modelli ispirati alla Corolla e alla Accord e un marchio pressoché identico a quello di Bmw ha conquistato a settembre il settimo posto sul mercato cinese, superando anche i due maggiori produttori locali (cioè non legati a joint venture con case straniere): Chery e Geely. La scommessa elettrica è la sua carta in più. Non è l'unica a crederci: il finanziere americano Warren Buffet ha acquisito il 10% della società, quotata alla Borsa di Hong Kong.