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Conferenza di Copenhagen

Italia-Francia, patto sull'atomo

di Federico Rendina

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24 Febbraio 2009

Ponti d'oro dai francesi per la rinascita del nucleare italiano all'insegna della loro tecnologia Epr. L'Italia ringrazierà. Si impegnerà per rafforzare la cooperazione a tutto campo: ricerca, costruzione, smaltimento delle scorie, business congiunto non solo nei due paesi. Firmerà oggi un accordo quadro, suggellato da Berlusconi e Sarkozy. Ma accompagnerà la cerimonia con un segnale preciso: il nuovo anche se ancora ipotetico nucleare italiano non sarà monopolio della tecnologia francese. Che coprirà buona parte, almeno il 50%, dell'operazione. Il resto rimarrà contendibile, con un occhio di riguardo alla principale filiera tecnologica concorrente: l'Ap1000 dell'americana Westinghouse.

Un patto comunque corposo. L'Italia parteciperà con l'Enel anche alla costruzione della seconda centrale francese Epr a Penly (sempre con il 12,5%, così come sta facendo a Flamanville). Con l'Enea diventerà partner nella ricerca per il nucleare di quarta generazione nei laboratori di Cadarache. Sarà persino disposta ad adottare l'impostazione francese per la costituenda agenzia per la sicurezza nucleare. E coinvolgerà Finmeccanica per formalizzare entro un paio di settimane uno dei quattro patti industriali che renderanno operativo l'accordo politico: la nostra holding pubblica prenderà il posto della tedesca Siemens nella francese Areva NP, proiettandoci nel business internazionale della costruzione ma anche del decommissioning.

A Fimmeccanica, che già partecipa al gioco attraverso Ansaldo Energia, potrebbe andare entro la primavera l'intera quota del 34% che i tedeschi hanno deciso di cedere con l'assenso dei francesi, facendo evaporare l'idea del grande patto franco-tedesco sul nucleare "europeo". Oppure (ipotesi più probabile) la quota tedesca, il cui valore è stimato attorno ai 2 miliardi di euro, potrebbe andare in parte a Finmeccanica e in parte alla francese Alstom.

Grande patto. Ma non in esclusiva. Il premier Silvio Berlusconi, il ministro dello Sviluppo Claudio Scajola e i rappresentanti delle nostre industrie del settore non potranno, o non vorranno, ipotecare il nostro ritorno all'atomo alle sole centrali francesi. Non a caso l'Enel, candidato naturale alla guida dei consorzi che materializzeranno le centrali, si attrezza per la doppia tecnologia.

La costruzione di tre o quattro impianti Epr potrebbe essere programmata sin d'ora, con una società a maggioranza italiana aperta ad altri partner anche non industriali, secondo il modello adottato in Finlandia che coinvolge i grandi consumatori con un patto d'acquisto dell'energia a lungo termine. Ma lasciando comunque la porta aperta agli AP1000-Westinghouse.

Lo spazio c'è. Stando agli impegni presi dal nostro Governo l'Italia dovrà avere il 25% di energia nucleare a cavallo del 2020. In gioco ci sono almeno 12mila megawatt a fronte dei 1600 megawatt di un impianto Epr e dei 1.100 megawatt dei più piccoli gruppi americani Ap1000. Serviranno dunque otto-dieci centrali. Che nelle valutazioni dell'Enel possono essere affidate alla concorrenza tra due tecnologie.

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