Gli esperimenti degli anni '50, le realizzazioni pionieristiche degli anni '60, il boom nuclearista degli anni '70. Poi, dopo gli anni '80, la terza generazione, sfociata nella cosiddetta "terza generazione avanzata" che fornisce già oggi molte garanzie aggiuntive sulla sicurezza. E ora la grande suggestione della quarta generazione, con la soluzione alla principale incombenza imposta dal nucleare: la gestione delle scorie. La futura e purtroppo lontana (trent'anni e oltre) quarta generazione promette addirittura di trasformarle in "carburante" con un riciclaggio praticamente automatico che dovrebbe risolvere in un sol colpo tre grandi problemi: il costo comunque in crescita dell'uranio, la sua futura reperibilità, lo smaltimento-conservazione-disattivazione dei detriti radioattivi che ora rappresentano un onere economico con una gestione comunque difficile.
Tutto cominciò a cavallo tra gli anni '50 e '60 con le centrali nucleari cosiddette di prima generazione. Si trattava di impianti di potenza ridotta e con criteri di sicurezza neanche lontanamente comparabili con quelli attuali. Tant'è che quelle centrali o sono state progressivamente smantellate o hanno subito negli anni numerosi interventi di adeguamento.
Si arrivò, con la seconda generazione, al boom nucleare degli anni '70 ed '80, con un incremento sostanzioso della potenza e delle dimensioni dei reattori e delle centrali. Ma negli anni successivi anche questi impianti sono stati profondamente revisionati per migliorarne la sicurezza alla luce dell'esperienza operativa e dei pochi ma imbarazzanti incidenti occorsi (Chernobyl il più eclatante).
La terza generazione ha fatto tesoro di tutte le esperienze accumulate: potenze più elevate ma anche grande sicurezza, con procedure di intervento automatico di salvaguardia e spegnimento in caso di anomalia anche minima o solo sospetta. Tecnologie ora sfociate nella cosiddetta "terza generazione avanzata", come quella dei reattori Epr in costruzione in Francia e in Finlandia e che si vorrebbe adottare anche in Italia. Gli Epr sono certificati per garantire livelli assoluti di sicurezza anche in modo indipendente dalle azioni degli operatori, tramite sistemi passivi, e sono teoricamente in grado di eliminare la necessità di evacuazione della popolazione circostante l'impianto anche in presenza dei più gravi incidenti ipotizzabili.
La quarta generazione? La ricerca corre, ma guarda necessariamente lontano: 30 anni e oltre. Ma l'obiettivo si materializzerà, giurano gli scienziati impegnati nei programmi internazionali di ricerca a cui partecipa anche l'Italia: l'uranio o in alternativa altri materiali fertili o fissili saranno utilizzati in maniera più efficiente, con il riprocessamento direttamente nel ciclo di generazione del materiale esaurito. Anche quello nel frattempo prodotto dalle centrali atomiche di oggi.