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Un anno solare per l'Ialia

di Giuseppe Caravita

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Giovedí 25 Marzo 2010

A prima vista un anno di boom il 2009 per il fotovoltaico in Italia. E del tutto anticiclico, nel bel mezzo della peggiore recessione, per l'economia italiana, da decenni a questa parte. Mentre il Pil si è inabissato del 5%, il fotovoltaico è cresciuto del 72% in termini di potenza installata (da 340 megawatt a fine 2008 a oltre 580) con un fatturato di 2,34 miliardi, cresciuto del 28%, secondo il Solar Energy Report del Politecnico di Milano, che sarà presentato oggi.

La corsa agli impianti fotovoltaici sospinta dalle tariffe incentivate del conto energia (ormai tra le più appetibili d'Europa) nasconde un anno piuttosto contrastato, per l'industria italiana del fotovoltaico, quella settantina d'imprese che nel 2009 hanno dovuto affrontare non poche criticità. «Il 2009 è stato a chiaroscuri - osserva Vittorio Chiesa, direttore dell'Energy Strategy group del Politecnico di Milano e coordinatore dello studio - la prima metà è partita lentamente, sotto l'impatto della crisi e della rarefazione delle risorse finanziarie e solo nella seconda metà c'è stata l'accelerazione, soprattutto perché la fine del regime attuale di incentivazione cominciava ad avvicinarsi è così il limite a 1200 gigawatt installati del conto energia. Ed è una corsa ancora in atto, che prevediamo permarrà per tutta la prima parte del 2010. Poi, con il nuovo conto energia (e tariffe più basse) sconteremo un rallentamento vero».

Il 2009 è stato un anno di forte competizione sul mercato italiano, ancora oggi uno dei più appetibili al mondo. La recessione mondiale, il drastico taglio agli incentivi da parte di paesi come la Spagna (fino al 2008 Eldorado del fotovoltaico) e la graduale riduzione di quelli tedeschi ha portato numerose imprese internazionali a fare il loro ingresso sull'arena italiana «con un taglio dei prezzi in media del 30%, partito dalla sovraccapacità nella produzione del polisilicio di base e che ha coinvolto la redditività di tutta la filiera, riducendola». A farne le spese le imprese made in Italy che hanno dovuto fare i conti con concorrenti, asiatici e non, quantomai agguerriti. «E le aziende hanno dovuto giocare in difesa, molte anche bene, per reggere l'urto. Automatizzando i processi produttivi, cercando di sviluppare efficienze. Però, nella sostanza, poco è cambiato nella situazione di dipendenza italiana per la materia prima base, il polisilicio».

Giovedí 25 Marzo 2010
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