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Fotovoltaico: Italia in prima fila, ma i soldi vanno all'estero

di Daniele Lepido

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17 febbraio 2009

Una rincorsa faticosa che ha il sapore dello sprint. Dove la buona volontà del «sistema», pur con tutte le storture del passato (si veda il capitolo Cip6), inizia a dare i primi frutti. Sorpresa: l'Italia dell'energia solare, un mercato ancora acerbo ma in rapida crescita, sta diventando attraente per gli stranieri. E questo perché dopo il taglio di Germania e Spagna delle tariffe per l'incentivazione all'installazione degli impianti fotovoltaici, il nostro è diventato il Paese del Vecchio Continente che può contare sugli aiuti pubblici più elevati. Il solito "spreco"? Forse no. Un esempio su tutti: con il nuovo Conto Energia il gestore dei servizi elettrici eroga un contributo che per ogni chilowattora prodotto va da un minimo di 36 centesimi, nel caso di un impianto fotovoltaico non integrato di una struttura industriale, a un massimo di 49 cent per gli impianti residenziali. E nonostante gli effetti della crisi, si prevede che i tassi di sviluppo italiani della potenza installata saranno ancora a due cifre per i prossimi cinque anni, quando nel 2008 la crescita si è attestata al 150-170% passando dai 120,6 megawatt di fine 2007 ai 326,8 di ieri sera.

Il solare «dimezzato». C'è da chiedersi però quanto di questo valore rimanga in Italia, andando quindi a remunerare gli investimenti delle nostre imprese e indirettamente – attraverso l'imposizione fiscale e la creazione di posti di lavoro – il denaro pubblico messo sul piatto dagli incentivi di Conto Energia (finora 50 milioni di euro). Il tema, tra i tanti, sarà trattato il 12 marzo in un convegno al Politecnico di Milano intitolato "Il sistema industriale italiano di fronte alla sfida delle energie rinnovabili", nel quale verranno presentati i risultati della Ricerca 2008 dell'Energy & Strategy Group della School of management. Secondo gli esperti del "Poli", nelle tasche del Belpaese rimarrebbe poco perché le aziende nostrane si concentrano là dove il margine è più basso (dal 7 al 17%), cioè a valle della filiera, nella distribuzione e nell'installazione degli impianti. Mentre a monte – cioè nella produzione e vendita del silicio, dove i margini superano il 50% – l'import raggiunge quota 98% e il restante 2% è rappresentato da imprese estere con filiale italiana.

Le ricette per competere. Serve allora concentrarsi sia sul reperimento delle risorse finanziare da destinare all'attività di ricerca e sviluppo, sia sull'entità degli investimenti in asset materiali. Un altro esempio: per installare un impianto di produzione di silicio con una capacità di 5mila tonnellate, equivalenti a circa 600 megawatt di potenza fotovoltaica, servono circa 250 milioni di euro. Ma quali possono essere le strade per rafforzare il ruolo del made in Italy in un settore tanto strategico? Almeno tre, come spiega al Sole 24 Ore Vittorio Chiesa, direttore dell'Energy & Strategy group. «La prima soluzione è di natura politica e richiede l'introduzione a fianco del Conto energia di meccanismi di politica industriale che incentivino direttamente o indirettamente, magari attraverso agevolazioni fiscali, la ricerca e gli investimenti in capacità produttiva più a monte della filiera». La seconda, continua Chiesa, «che coinvolge le imprese, richiede uno sforzo nell'incrementare la capacità produttiva al fine di non lasciarsi sfuggire le opportunità di crescita del mercato italiano». La terza strada, da giocarsi sul lungo periodo, riguarda la traiettoria tecnologica che le imprese italiane potrebbero abbracciare per il futuro: «Considerata l'impossibilità di competere con i big del silicio – conclude il direttore dell'Energy & Strategy Group – sarebbe opportuno concentrare gli sforzi sul film sottile, tecnologia emergente destinata a raggiungere quote del 20-30% del mercato entro cinque-sei anni, e rispetto alla quale sarebbe ancora possibile costruire una posizione di forza».

Il fronte spagnolo. Dando uno sguardo alla situazione europea, nel 2008 la Spagna ha effettuato uno storico sorpasso nei confronti della Germania, per lungo tempo la patria del "solare". Sempre l'anno scorso le nuove installazioni fotovoltaiche iberiche sono state pari a oltre 2,6 gigawatt contro 1,3 gigawatt di quelle tedesche. La Germania rimane però ancora al comando della classifica mondiale sul totale installato (con oltre 5,2 gigawatt) tallonata dalla Spagna, con oltre 3,7 gigawatt che ha superato nella corsa al solare Stati Uniti e Giappone. Se Madrid riuscirà a diventare la nuova regina del fotovoltaico dipenderà però dall'impatto negativo del Regio Decreto, entrato in vigore il 29 settembre scorso, che porta gli incentivi per la produzione di energia degli impianti da 0,42 a 0,32 euro per chilowattora, in calo del 25 per cento. Mentre l'Italia tenta l'affondo, magari con un occhio più attento alla redditività.

17 febbraio 2009
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