La sostenibilità fa bene alle casse di città e territori. La crisi economica ha fatto segnare una battuta d'arresto per alcuni progetti di grandi ecocittà disegnate a tavolino in Medio Oriente e Asia, ma i territori che investono da tempo in ricerca e sviluppo di tecnologie verdi mostrano di reagire meglio. Il dato emerge da uno studio dell'Ocse che analizza le performance di 41 città e raccomanda di sostenere gli investimenti nell'innovazione soprattutto in questa congiuntura. Appello raccolto su questo Rapporto Sviluppo sostenibile, interamente dedicato alle migliori pratiche internazionali.
Un esempio in Europa? Barcellona e la Catalogna che, nonostante una crescita rallentata dal 3,6% del 2007 allo 0,7% del 2008, rimangono in vantaggio rispetto al resto della Spagna. Suoi punti forti sono tecnologie e chimica, ma anche un ambizioso piano di riqualificazione urbana destinato a ridurre traffico ed emissioni. La città quest'anno investirà nello sviluppo urbano oltre un miliardo di euro. La parola d'ordine è mettere a sistema i 22 distretti con un particolare accento sul biotech che promette vaste ricadute ambientali oltre che nell'energia, e che accolgono già 1.400 aziende e 42mila lavoratori.
La sfida della sostenibilità si gioca anche sull'integrazione tra investimenti in ricerca e piani di sviluppo territoriali, che talvolta possono adottare anche soluzioni low-tech. Copenhagen ha calcolato il beneficio socio-economico per passeggero per chilometro percorso in auto o in bici mettendo sulla bilancia costi e benefici, dalla manutenzione delle strade alla salute dei cittadini. La conclusione è che la capitale danese guadagna 1,22 corone per ogni chilometro percorso in bicicletta mentre deve sopportare un costo di 0,69 corone per ogni km percorso in macchina. Anche Munster, in Germania, ha messo nero su bianco i numeri della viabilità, scoprendo che 72 pendolari che si spostano con la propria auto occupano oltre un km quadrato delle strade della città, mentre in autobus appena 30 metri quadrati, con un abbattimento di oltre l'85% delle emissioni procapite.
Oltreoceano, nello stato di Washington, le rinnovabili stanno salvando boschi e posti di lavoro grazie alla Teanaway Solar Reserve, la più grande installazione di pannelli solari della West Coast: con i suoi 400mila pannelli l'impianto è destinato a produrre 75 MW, quanto basta per soddisfare i fabbisogni di 45mila abitazioni. Una parabola simile è quella dell'eolico, stimolato dall'obiettivo dello stato di arrivare al 15% di energia rinnovabile entro il 2020.
Che innalzare gli standard ambientali paghi è già una scommessa vinta in moltissimi immobili. Il Green building council, che in Italia ha una sede a Trento, ha mostrato cifre alla mano che un edificio costruito seguendo i criteri Leed più severi come quello che sorge al numero 100 di Pine Avenue a San Francisco ha raggiunto economie di scala di oltre 200mila dollari l'anno. Ampliato a una città questi vantaggi diventano un fattore di competitività estremamente interessante per un territorio visto che oltre il 50% degli abitanti del Pianeta è concentrato nelle città e la percentuale è destinata a salire al 75% entro il 2050. Gli edifici da soli sono responsabili di circa il 72% dei KW consumati in una città e di circa il 14% delle risorse idriche.
Un quadro regolatorio chiaro e provvisto di incentivi è, secondo gli esperti, un prerequisito per innescare un'economia territoriale della sostenibilità, ma con un occhio puntato al forecasting delle tecnologie. «Abbattere il consumo di energie fossili e acqua è il primo passo – osserva Claus Krog Ekman, specialista del Risoe, il centro danese per l'energia riconvertito dalla ricerca sul nucleare alle rinnovabili –, ma il futuro è fatto di un mix di fonti energetiche sia rinnovabili che non, ma tutte pulite perché in grado di abbattere l'emissione in atmosfera di gas a effetto serra». Ekman non pensa solo all'energia eolica divenuta il cavallo di battaglia danese. Con una popolazione mondiale che si prepara a raggiungere i nove miliardi nel 2009 sarà necessario assicurare circa 20 TeraWatt a livello globale: «Se si sommano le prospettive di espansione di eolico (6 TW), biomasse (5 TW), geotermico (3 TW), idroelettrico (1,7 TW), di correnti e maree (0,015 TW), e anche moltiplicando per cinque l'attuale capacità nucleare non arriviamo a coprire quel fabbisogno procapite di circa 3KW a persona», osserva.
La risposta a lungo termine è il solare: «Il futuro dell'energia viene dal sole – sottolinea Ekman –, ma vinceranno quei territori che oggi sapranno meglio investire in ricerca. In campo energetico oggi i budget sono significativamente inferiori rispetto ai primi anni Ottanta. Per le rinnovabili si spende meno della metà che per il nucleare e meno dello 0,02% del Pil mondiale».
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