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L'Islanda riparte a idrogeno

di Luca Dello Iacovo

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28 settembre 2009

Al largo dell'Islanda un'imbarcazione rossa si avvicina, silenziosa, a un branco di balene. I motori non sono in funzione, ma le luci sono accese e gli impianti elettrici sono attivi. È l'Elding, una nave turistica attrezzata con un impianto a idrogeno in grado di garantire le esigenze dell'equipaggio durante l'osservazione delle balene. Senza inquinare i mari. Secondo le stime della fondazione ambientalista «Der Norske veritas», nel mondo la flotta nautica è responsabile del 2% delle emissioni di CO2 globali, quasi quanto il settore delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni. Poi, al ritorno nel porto di Reykjavik, i turisti possono noleggiare un'automobile a idrogeno: circa una quarantina di veicoli sono stati forniti all'isola da colossi come Toyota e Daimler-Chrysler, interessate all'evoluzione del trasporto con fuel cell. I visitatori, inoltre, possono esplorare la città con mezzi di trasporto pubblico ecologici: alcuni sono autobus che vanno a idrogeno, sperimentati all'interno del progetto europeo «HyFleet:Cute» che terminerà l'anno prossimo. E da qualche anno il rifornimento non è più un problema insormontabile: dopo sei anni è stata aperta al pubblico la stazione di Grjotals, a pochi chilometri dalla capitale.

Il progetto di una rete per il trasporto pubblico e privato in grado di eliminare il fabbisogno di benzina e gasolio è portato avanti con determinazione dal consorzio New Energy, guidato da Jon Bjorn Skulason che riunisce aziende, università e istituzioni. L'obiettivo è una sorta di "distretto dell'idrogeno" che potrebbe fare da apripista nel mondo per contribuire a una "zero emission economy". Tra le strade e nei porti di Reykjavik, in particolare, sono sperimentate soprattutto tre tipologie di fuel cell: pile a membrana di scambio protonico (pem), pile a ossido (sofc), pile a carbonio fuso (mcfc). Ma sono sistemi ancora in uno stadio sperimentale per l'utilizzo su larga scala: «Nell'orizzonte più a breve le applicazioni non saranno nei trasporti, ma nel settore stationery, con unità da qualche centinaio di chilowatt o anche un megawatt», dice Stefano Pogutz, direttore del master in Economia e management dell'ambiente e dell'energia (Memae) alla Bocconi. La scommessa di Reykjavik è legata al territorio: «L'Islanda può contare sull'apporto dell'energia geotermica: l'idrogeno consente di stoccare l'energia in un modo relativamente conveniente ed è un combustibile pulito», osserva il direttore del Memae. Dai motori alimentati con celle a idrogeno, infatti, esce acqua. Abbattendo drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Eppure il rispetto dell'ecosistema non deriva unicamente dall'assenza di CO2. Sottolinea Pogutz: «Cala anche la presenza di inquinanti, come le polveri sottili: il beneficio complessivo è enorme».

La geotermia è la spina dorsale della rete energetica islandese. E il cuore degli impianti è a Reykjavik, dove è stata installata la prima linea nel 1930: le abitazioni raggiunte erano sessanta. Ora l'89% degli edifici è riscaldato con il calore che arriva dalle profondità della Terra, a una temperatura tra i 4mila e i 7mila gradi. Gli impianti utilizzano 63 milioni di metri cubi di acqua: 7 milioni sono reimpiegati per altri usi. E ogni anno è stimato un risparmio fra i 2,5 e i 4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (cioè l'anidride carbonica emessa se gli islandesi usassero combustibili fossili). Sono cinque gli stabilimenti geotermici nell'isola e garantiscono il 26% dell'elettricità. Il resto è ricavato dall'idroelettrico e dall'importazione di petrolio. Almeno finché i sistemi basati sull'idrogeno non dimostreranno la possibilità di diventare convenienti su scala industriale, riducendo la quota d'importazione di energia, ferma al 30 per cento. Ma gli ostacoli non sono pochi. Evidenzia Pogutz: «Sono ancora in una fase precompetitiva le tecnologie per i motori, per il combustibile e per la rete di distribuzione. I brevetti nel settore, però, sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi anni».

luca.dello@gmail.com

28 settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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