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La marea nera mette a rischio
la green economy di Obama

di Luca Salvioli

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6 maggio 2010
La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

La marea nera del golfo del Messico potrebbe insidiare la green economy di Obama. Uno dei pilastri della riforma energetica proposta dal presidente degli Stati Uniti è il climate and energy bill, fermo al Senato, che, tra le altre cose, vuole mettere un tetto alle emissioni di gas serra. Muovendosi tra difficili equilibri, Obama, più di un mese fa, ha annunciato di voler sospendere la moratoria sulle trivellazioni offshore imposta nel 1969 in America dopo un disastro ecologico in California, cercando, con questa sorta di compromesso, nuovi consensi, tra repubblicani e democratici, per il pacchetto clima. Dopo il disastro ambientale il presidente ha temporaneamente bloccato le esplorazioni e avviato un'indagine sulla sicurezza degli impianti. Ancora non è chiaro quale sarà la scelta finale, certo è che «con il disastro ambientale nel golfo del Messico, nessuno vuole sentire parlare di nuove trivellazioni» spiega Richard Caperton, analista di politiche energetiche del think-tank liberal "Center for American Progress". E dunque il Climate and Energy Bill potrebbe fare più fatica del previsto. Caperton lavora a fianco dell'amministrazione Obama fornendo studi e proposte per la nuova politica energetica. Trascorre qualche giorno in Italia per esporre la politica energetica dell'amministrazione americana.

In che modo si inserisce la legge sul clima nella rivoluzione energetica annunciata da Obama?
Per compiere questo percorso occorrono diversi interventi legislativi, uno dei quali è l'approvazione del Climate Bill, con un taglio delle emissioni del 17%, rispetto ai valori del 2005, entro il 2020. Certamente questo non basta, non si può mettere un tetto alla CO2 e poi dire "buona fortuna". Per il cambiamento occorre sostegno finanziario, interventi sulle infrastrutture di rete, educazione dei cittadini e domanda.

La marea nera complica le cose, come finirà?
Molto si capirà nelle prossime settimane. Il disastro ambientale ha fatto lievitare enormemente il numero di persone contrarie alle nuove trivellazioni. Il Climate Bill, per essere approvato, deve cercare un compromesso tra diverse anime: chi sostiene il nucleare, chi, come me, le energie rinnovabili e chi le nuove perforazioni. Si tratta di senatori democratici e repubblicani, dipende anche dagli interessi dei singoli stati, non solo dalla parte politica. La partita si gioca sui numeri: se togli le trivellazioni perdi dei voti, ma lo stesso può succedere mantenendoli.

Quali passi ha compiuto sinora la green economy americana?
Il "recovery act" (pacchetto di stimoli da 787 miliardi di dollari varato oltre un anno fa) ha elargito 36,7 miliardi di dollari all'energia, la maggior parte dei quali sono andati alla promozione dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Il resto alla promozione di start-up innovative, progetti di ricerca, cattura e sequestro della CO2, reti elettriche di nuova generazione (smart grid). L'anno scorso è cresciuto moltissimo l'eolico, creando 87mila posti di lavoro. Sono in via di definizione la "green bank", per i finanziamenti alle aziende e tecnologie innovative, e un programma per le reti intelligenti.

Quali saranno le tecnologie più importanti nei prossimi anni?
Puntiamo allo sviluppo di un'intera filiera industriale, per questo non parliamo solo di green energy, ma di green economy come grande opportunità di sviluppo riducendo la CO2 in atmosfera. Il che significa ricerca e nuove installazioni di eolico, solare, biomasse e geotermia.

Obama è tornato a finanziare le centrali nucleari dopo trent'anni, definendo l'atomo green energy.
Oggi un quinto dell'energia prodotta negli Usa viene dal nucleare. È una energia a bassissima produzione di carbonio, dunque pulita, con le scorie conservate in posti sicuri. Ha ottime possibilità occupazionali. E' una fonte pulita, ma non come il sole e il vento. Credo non assisteremo, negli Stati Uniti, a una grande proliferazione di centrali atomiche. Poche unità.

Quali sono gli stati americani con le politiche più avanzate nella promozione delle rinnovabili?

E' difficile, però sono misure molto diverse. Dovendo scegliere, dico Colorado, California e New Jersey.

I grossi investimenti, oggi, sono in Cina e Stati Uniti.
Per quanto riguarda la produzione certamente il nostro concorrente è la Cina. Stiamo studiando anche le politiche messe in atto da Germania e Spagna. Hanno forti politiche nazionali e di lungo termine che per noi possono essere da esempio. Quanto all'Italia, è molto interessante l'utilizzo di feed-in tariff (come il "conto energia" fotovoltaico, che prevede un contributo economico per kw prodotto). Garatiscono trasparenza e stabilità. Per gli Usa, con il più grosso mercato elettrico al mondo, sarebbe troppo costoso. Per il momento vengono utilizzati gli incentivi fiscali.

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6 maggio 2010
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