Pochi hanno notato che l'anno scorso si sono aggiunte al potenziale elettrico italiano l'equivalente di due grandi centrali da un gigawatt: una fatta di energie rinnovabili (oltre un gigawatt di eolico e quasi 300 megawatt di fotovoltaico) e una inesistente, ovvero costituita dalla somma dei risparmi energetici cumulatisi sulla rete elettrica italiana tramite il sistema dei certificati bianchi, che incentiva i vari gestori ad aumentare l'efficienza dell'intero sistema energetico. L'Italia, per molti decenni, è stata la campionessa mondiale delle rinnovabili grazie a più di un secolo di investimenti sull'idroelettrico (che fa ancora il 15% della produzione elettrica nazionale). E può importare energia dall'estero di notte (meno costosa, specie se di fonte nucleare) grazie a un sistema di accumulo dovuto ai pompaggi nei bacini alpini, poi scaricati durante il giorno. Si stima che, tuttora, nell'arco alpino vi sia un potenziale per nuovo idroelettrico pari ad almeno 5 gigawatt aggiuntivi. Senza contare il mini-idro, distribuibile su quasi tutto il territorio nazionale. L'Italia poi ha una potenzialità eolica medio-bassa (per lo più nell'offshore mediterraneo) ma un'elevata potenzialità solare e un'ancora inesplorata potenzialità geotermica (anch'essa offshore). Nel solare fotovoltaico, il boom dei 13mila impianti generati dal conto energia nasconde pero la realtà di un'industria delle celle e dei pannelli ancora piccola e fortemente orientata all'importazione. Nella ricerca invece almeno 35 progetti avanzati sono attivi, tra cui il sistema tricroico a concentrazione in fase di sviluppo a Ferrara, che appare di rilievo mondiale. Nel solare termodinamico il progetto Archimede dell'Enea sta per dimostrare le sue potenzialità reali dall'anno prossimo presso la centrale Enel di Priolo. Resta da indagare il fondo del Tirreno e del canale di Sicilia, con i loro immensi campi di calore vulcanici.