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Crisi del credito: Borse, Governi e Banche centrali
 
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I dieci perché dello scossone sui mercati finanziari

di Fabrizio Galimberti

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22 SETTEMBRE 2008

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6) È realmente in atto una stretta creditizia?
Quando le banche devono registrare perdite sui titoli in portafoglio, queste perdite vengono a ridurre il capitale proprio (anche se le perdite sono solo sulla carta). Riducendo il capitale, proprio, che deve mantenere un certo rapporto con gli impieghi, le banche sono costrette a ridurre i loro prestiti (o ad aumentare il capitale cercando nuovi soci). Di qui il pericolo di una stretta creditizia. Tuttavia questa stretta non vi è stata per quanto riguarda i prestiti alle imprese, che hanno continuato a crescere a tassi a due cifre. I prestiti per mutui sono scesi, ma non perché le banche si rifiutino di farli. Sono scesi perché c'è meno domanda e le bolle immobiliari in giro per il mondo si vanno sgonfiando. Gli impieghi delle banche sono scesi là dove era bene scendessero, per tanti prestiti fatti per operazioni finanziare non produttive.

7) Sarà il contribuente a pagare il conto della crisi?
I salvataggi di banche fatti in America e in Inghilterra hanno suscitato molto biasimo perché, si dice, «pagherà Pantalone ». Tuttavia, questo non è affatto detto. Per esempio, all'inizio degli anni Novanta la Svezia conobbe una gravissima crisi bancaria che portò a massicci salvataggi pubblici e alla nazionalizzazione di molte banche. Queste alla fine vennero rivendute al mercato e lo Stato ci guadagnò sopra. Anche nel caso del salvataggio della Chrysler nel 1979, il contribuente americano alla fine ne ebbe un vantaggio: i prestiti furono rimborsati, e i warrant ricevuti dal Governo furono venduti con profitto. Il salvataggio delle Savings&Loan americane ebbe un costo lungo i molti anni delle procedure della Resolution Trust Corporation, ma un costo relativamente modesto, pari allo 0,6% del Pil del periodo. È perfettamente possibile che il Governo americano finisca con il guadagnare nel caso del salvataggio della Aig e di Fannie Mae-Freddie Mac.

8) I salvataggi fanno aumentare il debito pubblico?
Questa è una leggenda metropolitana. Le passività delle banche nazionalizzate non diventano debito pubblico. Lo dice il buon senso e lo dicono le regole della contabilità nazionale. Fosse così, quando le banche italiane erano pubbliche, i depositi della Comit, per esempio, avrebbero dovuto far parte del debito, pubblico, cosa che certamente non era il caso. Il debito aumenta solo se e quando il processo di smobilitazione delle attività delle società salvate porti a vere perdite, e ciò che non è affatto detto (vedi punto precedente).

9) Cosa deve fare il risparmiatore?
Sul Sole 24 Ore del 19 settembre Marco Liera ha pubblicato un "Decalogo per non farsi travolgere dai crolli". Il decalogo dice essenzialmente di non farsi tentare né dalle fughe né da acquisti speculativi. E di mettere da parte la lezione sulla volatilità dei mercati e sulla necessità di guardare al lungo termine senza farsi tentare da guadagni facili o angosciarsi per i periodi difficili.

10) Che succederà alle nostre pensioni?
Con il diffondersi della previdenza complementare molti, anche se non sanno esattamente in che cosa ha investito il loro fondo pensione, sono preoccupati per il futuro. Bisogna ricordare, tuttavia, che, a parte qualche poco meritevole eccezione, i fondi pensione hanno investimenti molto diversificati e sono in grado di tenere titoli per lungo tempo. In particolare, per quanto riguarda il mercato azionario, nel lungo periodo questo si è rivelato sempre più remunerativo di altri investimenti. Tanto più oggi quando, con un'opportuna diversificazione per aree geografiche, si può beneficiare della voglia - e della capacità - di crescita dei Paesi emergenti.

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