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Fmi in aiuto dell'Ungheria

di Vittorio Da Rold

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28 ottobre 2008

Il Fondo monetario non perde tempo. Dopo anni di immobilismo sta muovendosi rapidamente per fronteggiare l'effetto domino della crisi finanziaria nell'Est Europa: dopo il prestito di 16,5 miliardi di dollari concesso a tambur battente domenica all'Ucraina e i 2,1 miliardi sganciati la scorsa settimana all'Islanda, ieri l'Fmi ha annunciato che aprirà una linea di credito "stand-by" per aiutare l'Ungheria a uscire dalla crisi finanziaria.
L'aiuto del Fondo, che ha reso noto di avere munizioni per 200 miliardi di dollari di prestiti oltre a fondi addizionali con linee di credito, è però condizionato a misure di rigore che l'organizzazione guidata da Dominique Strauss-Kahn ha proposto al Governo di Budapest sul fronte del Welfare. La medicina sarà amara: si parla del taglio per 1,4 miliardi di dollari delle tredicesime dei pensionati e la sospensione delle stesse ai pubblici dipendenti nel 2009. Mosse impopolari ma senza alternative. Una situazione così grave che il premier Ferenc Gyurcsany ha convocato per oggi un vertice bipartisan.
Strauss-Kahn è stato franco. «Un pacchetto di aiuti sarà annunciato quando il programma verrà finalizzato nei prossimi giorni. Tra i partecipanti vi saranno l'Fmi, la Ue, qualche singolo Governo europeo, assieme con altre istituzioni regionali e multinazionali», ha detto il direttore dell'istituzione finanziaria di Bretton Woods. L'Fmi non ha fornito cifre, ma alcune fonti parlano di uno stand-by da 12,5 miliardi di dollari. Alcune fonti ritengono che anche il Governo turco dovrebbe raggiungere al più presto un accordo con il Fondo per un nuovo stand-by fra i 15-20 miliardi di dollari al fine di sostenere la bilancia dei pagamenti.
Il "tallone d'Achille" dell'Ungheria è stata la netta prevalenza - oltre il 90% - di debiti in valuta estera contratti dai suoi cittadini, in particolare mutui in franchi svizzeri e in euro. Gli ungheresi speravano di guadagnare sui tassi più bassi di quelli locali e dall'apprezzamento del fiorino. Ma le cose sono andate diversamente. La crisi dei subprime americani ha colpito l'Europa orientale facendo aumentare la scorsa settimana i tassi di interesse ungheresi dall'8,5 all'11,5 per cento. Inoltre il netto deprezzamento della valuta locale, che sabato veniva quotata a 280 fiorini contro un euro, ha aumentato il rischio di default per questi debiti. È un incubo che in Italia hanno conosciuto coloro che, con il crollo della lira del 1992, si trovarono in difficoltà perché avevano contratto mutui in marchi o in Ecu.
Un fronte dove l'Ungheria è molto esposta. A fine giugno il credito in valuta estera ungherese ammontava al 34% del Pil, rispetto all'11% della Polonia e al 4% della Repubblica ceca. Di fronte a questo rischio, diverse banche operanti in Ungheria (l'85% sono straniere), a partire dal principale istituto di credito Otp Bank, hanno frenato il credito in fiorini nelle scorse due settimane. Secondo la Bri le banche italiane sono esposte verso l'Ungheria per 29 miliardi di dollari.
L'altro elemento di fragilità riguarda i conti pubblici: l'Ungheria aveva a fine 2007 un deficit pubblico del 5% del Pil, dopo una dura cura dimagrante iniziata l'anno precedente, quando il disavanzo era stato del 9,2 per cento. Con il fiorino svalutato, poche riserve in valute e un debito estero elevato, Budapest è vulnerabile.
L'annuncio dell'intervento dell'Fmi ieri ha avuto un effetto stabilizzatore sul fiorino, che è arrivato a quota 272 rispetto all'euro. Male invece la Borsa: l'indice Bux ha segnato un pesante -9,78 per cento.
Eppure, c'è ancora chi investe. Proprio ieri la casa automobilistica tedesca Daimler-Benz ha firmato con Gyurcsany l'accordo per costruire nella città di Kecskemet, a 70 km circa di Budapest, un polo produttivo da cui usciranno le Mercedes Classe A e B di prossima generazione. Si tratta di un investimento da 800 milioni di dollari. Una boccata di ossigeno in un momento difficile.

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