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Gli istituti esteri: sì alla detassazione

di Simone Filippetti

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28 ottobre 2008

Le banche estere dicono sì alla detassazione degli «interessi» per i finanziamenti diretti dall'estero a imprese italiane. La proposta lanciata ieri dalle colonne del Sole ha trovato consenso e il numero uno delle banche estere in Italia (Aibe), Guido Rosa, si è schierato a favore della modifica. La questione nasce come un tema di natura fiscale, ma nel momento in cui il mercato è alle prese con una gelata del credito e le imprese faticano a trovare capitali investe un orizzonte molto più ampio. «Va abolita la withholding tax, la ritenuta applicata ai finanziamenti diretti dall'estero perché limita l'operatività delle banche in Italia».
Oggi un istituto estero, se non è presente in Italia, si vede applicare una tassazione del 12,5% sui prestiti erogati ad aziende del nostro Paese. Visto dall'altro lato, le imprese sono costrette a sopportare un onere addizionale se bussano alla porta di una banca straniera. La normativa esiste da molti anni, ormai. Quando è nata, nota ex post Rosa, «il principio ispiratore non era quello di aumentare il gettito per lo Stato, quanto piuttosto di disincentivare le aziende italiane a ricorrere a finanziamenti da banche estere direttamente dai loro Paesi». La mossa adesso si rivela un boomerang perché rende l'Italia molto meno attraente: i capitali sono ormai globali e vengono investiti là dove offrono la maggior remunerazione. La ritenuta del 12,5% non esiste in altri Paesi: il nostro Paese e di conseguenza le imprese alla ricerca di finanziamenti sono penalizzati.
Un eventuale abolizione del balzello non peserebbe sulle casse dello Stato, perché il gettito è trascurabile, ma avrebbe un effetto virtuoso visto che allineerebbe l'Italia ad altri Paesi: oggi gli istituti esteri rappresentano il 16% di tutti gli attivi bancari in Italia e la percentuale potrebbe salire molto di più.
La problematica degli investimenti stranieri è in realtà molto più ampia perché l'attività delle banche estere in Italia oggi è svantaggiata su due fronti: uno è la withholding tax, l'altro tocca gli istituti stranieri con filiali in Italia che non subiscono la ritenuta. In questo caso, spiega Rosa, l'ostacolo è rappresentato dalla Robin Tax che «penalizza di più le banche estere di quelle italiane». Cominciare dalla withholding tax sarebbe già un primo importante passo per rendere il Paese più appetibile. «Così si sblocca uno dei due lati – prosegue Rosa -, il passo successivo è anche intervenire sulla Robin Tax».

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