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I sette grandi: «Non lasceremo fallire le banche»

dagli inviati Alessandro Merli e Mario Platero

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Sabato 11 Ottobre 2008

WASHINGTON - Il G-7 ha varato ieri un pacchetto in cinque punti di misure «urgenti ed eccezionali» per ristabilire l'ordine e la fiducia sui mercati finanziari globali e sostenere le economie ormai in recessione. Dopo il tracollo delle ultime settimane e una seduta ieri a Wall Street di violente oscillazioni, fino a mille punti dell'indice Dow Jones, i sette hanno adottato azioni decisive per sostenere le istituzioni finanziarie importanti per il sistema, impedire il loro fallimento e garantire i depositi. A questo punto il piano dovrà passare lunedì il duro esame dei mercati.

Il primo punto del comunicato garantisce la sopravvivenza delle banche con l'aiuto dei Governi. Al secondo punto, il G-7 si impegna a prendere tutte le misure necessarie per sbloccare i mercati monetari e assicurare che le banche e le altre istituzioni finanziarie abbiano accesso a liquidità e finanziamenti, un'azione destinata a rimettere in moto i mercati del credito paralizzati da diverse settimane. Al terzo punto si affronta la questione della ricapitalizzazione delle banche, anche con fondi pubblici, un elemento centrale per far ripartire l'erogazione del credito. La presenza del Governo nella proprietà consentirà inoltre un controllo sugli stipendi dei manager dopo gli eccessi degli ultimi anni. Su questo tema, i Sette assicurano che «le nostre banche e gli altri intermediari finanziari possono raccogliere capitale da fonti pubbliche e private in ammontare sufficiente a ristabilire la fiducia e consentire loro di continuare a prestare alle famiglie e alle imprese».
Il segretario al Tesoro Usa, Hank Paulson, ha confermato ieri che parte dei 700 miliardi di dollari del piano americano verrà utilizzata per ricapitalizzare le banche, oltre che per l'acquisto di titoli "tossici".

Il G-7 si è preoccupato anche di rassicurare i correntisti sui depositi, attraverso programmi pubblici di garanzia. Si vuole evitare a tutti costi una fuga dai depositi. Infine, i Sette si impegnano a prendere misure per far ripartire i mercati secondari dei mutui e delle altre cartolarizzazioni che sono stati all'origine della crisi, con una valutazione accurata e maggior trasparenza di informazione e l'applicazione di alti standard contabili.

Soddisfatto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: «Sono state accolte le nostre richieste». Mentre il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, giudica «eccellente» il comunicato del G-7 e precisa che l'ipotesi di chiusura dei mercati «non è stata discussa». Tremonti ha poi aggiunto che gli accordi di Basilea-2 sono ormai «morti», mentre Draghi si è limitato a dire che «dovremo farli resuscitare in un'altra forma».

Quella di ieri è stata solo la prima tappa di una maratona di incontri che proseguirà oggi con un vertice tra i Sette e il presidente Usa, George W. Bush, e poi al tavolo del Gruppo dei Venti, con la partecipazione delle potenze economiche emergenti, fra cui Brasile, Cina, India, Russia e Sudafrica. Il G-20 rappresenta il 90% dell'economia globale. Domani, la corsa contro il tempo proseguirà a Parigi, dove si terrà una riunione a livello dei capi di Stato e di Governo dell'Eurozona.

Gli incontri di questo fine settimana e l'annuncio di una inziativa globale rappresentano, secondo gli operatori, l'ultima chance per evitare il "meltdown", la disintegrazione dei mercati. I Sette si sono presentati alla riunione di ieri nella consapevolezza che le misure già annunciate nei giorni scorsi, dal taglio coordinato dei tassi d'interesse agli interventi nazionali mirati, in diverse forme, a puntellare i rispettivi sistemi bancari, non hanno sortito effetti nello stabilizzare le Borse e nel rimettere in moto il mercato monetario.

In parte, ai Sette è servito di riferimento il piano del Governo inglese. Fra gli europei si fa molto affidamento anche sulle nuove regole della Bce, in vigore dalla prossima settimana, per fornire liquidità pressoché illimitata alle banche al tasso fisso del 3,75%, quindi al di sotto dei rendimenti oggi prevalenti sull'interbancario, attorno al 5,2.

La preoccupazione di ministri e governatori è rivolta però anche allo stretto legame fra crisi finanziaria e recessione (secondo le previsioni del Fondo monetario, nel 2009, la crescita in sei dei Sette Grandi sarà attorno allo zero). La politica monetaria ha cominciato ad agire con il taglio coordinato della settimana scorsa ed è possibile che, soprattutto dopo il crollo del prezzo del petrolio che ha contribuito a un netto ridimensionamento delle pressioni inflazionistiche, si aprano spazi per ulteriori riduzioni dei tassi, che agiscano sia da stimolo all'economia, sia come contributo alla stabilizzazione finanziaria. Sono però allo studio anche misure di stimolo fiscale.

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