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«La recessione? Un eufemismo»

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Giovedí 30 Ottobre 2008

«Magari fosse solo recessione!». Giulio Tremonti cerca con cura una parola per definire, senza allarmismi, l'attuale crisi globale. «Che sia globale, dice a un convegno delle fondazioni Nuova Italia e Europa popolare, non c'è dubbio: dal Baltico alla Turchia, dall'Europa all'America latina.

Ma una recessione entra nella norma dei cicli economici». «Qui, invece, l'impressione è di rottura di una continuità». Ecco, forse, la parola: «Discontinuità». Ma si tratta, pur sempre, di un eufemismo voluto. Della crisi, la globalizzazione è all'origine per i tempi rapidissimi in cui è avvenuta. Tremonti ricorda i suoi ripetuti allarmi, l'avvertimento che è impossibile competere con l'Asia sui prezzi: occorreva investire in capitale umano, non è stato fatto. Ricorda anche di non essere un economista: una possibilità in più di capire, ironizza.

C'è dell'altro: sono saltate tutte le categorie originarie del capitalismo. Il ministro dell'Economia elenca alcuni fatti. La società per azioni, che del capitalismo moderno è stata il fondamento, è uscita dai suoi schemi tradizionali per assumere «forme atipiche». Ed è uscita anche dalle giurisdizioni nazionali, è entrata in un mondo che non si può definire soltanto "deregolamentato", ma del tutto privo di regole, il mondo della completa "anomia". Anche il sistema giuridico in cui operare è diventato, con la globalizzazione, una commodity, una merce da trattare, è divenuto oggetto di «uno shopping di legislazione».

C'è stata poi l'uscita dallo schema contabile classico della partita doppia. «Io non sono un esperto di ragioneria, ma la parola evoca la ragione». E la ragione è alla base della distinzione tra stato patrimoniale e conto economico, ma è stata accantonata a vantaggio della massimizzazione del secondo, «dell'abbandono del mondo dei valori a favore del mondo dei prezzi». Il sistema si basa invece sull'equilibrio tra i due: il patrimonio è riserva di valore, è continuità, dà il senso della missione dell'azienda: creare e tramandare valore. L'attenzione al solo conto economico è la "visione delle locuste".

Dal bilancio annuale si è passati così al semestrale, al trimestrale, al mensile nella ricerca spasmodica dell'arricchimento di amministratori e soci. Ultimo elemento. Per secoli le banche hanno ricevuto denaro in deposito sulla fiducia e lo hanno prestato a loro rischio in base alla fiducia. Ora il rischio è stato trasferito ad altri soggetti in una circolazione vorticosa: ne è nato uno dei fattori più intensi della crisi. Quale rimedio? Richiamandosi all'economia sociale di mercato oggetto del convegno, Tremonti invita a ricuperare le categorie del capitalismo, il valore sociale dell'impresa al di là della «ricerca estemporanea del lucro». (L.L.G.)

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