La Federal Reserve è pronta a far scattare tagli dei tassi d'interesse per arginare la crisi. Il governatore Ben Bernanke l'ha detto ieri, per la prima volta, a chiare lettere: «La combinazione dei dati in arrivo e dei recenti sviluppi finanziari suggerisce che le prospettive economiche sono peggiorate e che i rischi per la crescita sono aumentati». E ha continuato: «La Fed dovrà considerare se l'attuale posizione di politica monetaria rimane appropriata».
Bernanke, per lanciare il messaggio che la Fed non ha finito le sue offensive, ha scelto la National Association for Business Economics. Forse non a caso: la crisi ha ormai contagiato l'economia reale. Ieri pomeriggio, per la prima volta in dieci anni, la Banca centrale ha denunciato una contrazione del 3,7% nel credito al consumo: è scivolato in agosto di 7,9 miliardi di dollari, a 2.577 miliardi.
La spesa in investimenti è a sua volta sotto pressione. Bernanke ha ammonito che le tensioni sui mercati, in assenza di contromisure, «possono imporre un pesante pedaggio all'economia». Mentre il rischio d'inflazione, che fino a poche settimane or sono aveva convinto la Fed alla cautela sui tassi, è parzialmente rientrato.
L'aggravarsi della crisi ha moltiplicato gli inviti a rapide e aggressive manovre della Fed di riduzione del costo del denaro dopo cinque mesi di tassi invariati. Tra gli analisti si sono levate voci che invocano tagli dall'attuale 2% fino all'1%, il livello più basso dal 2003, non più tardi del vertice del 28 e 29 ottobre. Una riduzione dei tassi diventerebbe l'ultima azione di una Fed sempre più in trincea nella lotta alla crisi: Bernanke è già intervenuto con ripetute iniezioni di liquidità, aiuti alle banche, salvataggi e ieri anche con un'iniziativa per sbloccare i commercial paper, il mercato del credito a breve. Parlando dell'insieme delle manovre, Bernanke le ha definite «passi di grande rilievo per affrontare un problema di proporzioni storiche».
Anche la Banca centrale europea sta preparando il terreno a un prossimo ribasso del costo del denaro. Domani, intanto, dovrebbe allentare il credito la Banca d'Inghilterra, seguendo l'esempio della Riserva federale australiana, che ieri ha tagliato i tassi di un punto percentuale portandoli al 6 per cento. Parlando ieri a Evian, in Francia, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet ha ribadito che «siamo giunti a un punto in cui tutti - intendo dire la Bce e le altre banche centrali - faremo il possibile per assicurare liquidità ai mercati in circostanze molto molto difficili». Trichet ha inoltre spiegato che il sistema finanziario va riformato radicalmente e che in questo frangente non devono esserci «né tabù, né capri espiatori». E ha esortato gli investitori alla calma, avvertendo che ormai stanno «sovrastimando i rischi sui mercati».
La Bce ieri ha iniettato 50 miliardi di dollari overnight e 250 miliardi di euro a una settimana. Ciononostante, l'Euribor a tre mesi è salito ancora, al 5,37%, ai massimi da oltre 10 anni. E se Trichet non ha dato esplicite indicazioni di politica monetaria, più chiari sono stati altri membri del consiglio direttivo. Il governatore belga Guy Quaden ha parlato di «crisi finanziaria totale», sottolineando che «un taglio del costo del denaro non può più essere escluso». In un'intervista alla Rai, Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce, ha precisato che l'istituto prenderà «le misure necessarie al momento giusto. È importante mantenere fermo il concetto di stabilità altrimenti si rischia di aggiungere panico su panico». Le attese più accreditate sono di un allentamento monetario della Bce nella riunione del consiglio dedicata alla politica monetaria, il 6 novembre. Non si può però escludere che l'istituto decida di agire d'anticipo.