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«Un anno terribile e ora c'è chi fa l'importatore di scarpe»

di Claudio Gatti

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11 settembre 2009

Schiere di giovani che uscivano dai propri uffici con uno sguardo incerto e uno scatolone in braccio. É questa l'immagine che ha lasciato di sé la Lehman Brothers. Leslee Gelber che, il 15 settembre 2008, dopo 11 anni nella banca di investimento newyorkese era senior vicepresident del settore mutui, faceva parte di quel gruppo. «Quello che è successo oggi è da non credere. E' orribile. Anche perché non ho assolutamente alcuna altra prospettiva di lavoro» aveva detto al Daily News il giorno dell'annuncio della bancarotta.

Un anno dopo, fortunatamente per lei, Leslee un lavoro ce l'ha. Grazie alla Barclays Capital, la divisione della banca inglese che ha acquisito il grosso di Lehman. Un altro impiego lo hanno trovato anche molti dei grandi capi di allora. L'ex direttore legale Thomas Russo è un socio dello studio Patton Boggs. L'ex presidente Hernert McDade III è stato prima assunto da Barclays per governare l'integrazione del personale di Lehman nella banca britannica e poi da Nomura per dirigere l'unità che si occupa delle cartolarizzazioni. L'ex amministratore delegato, Richard Fuld, quello che tra salario, bonus, opzioni e buonuscita in 15 anni a Lehman ha accumulato mezzo miliardo di dollari, ha aperto una sua società di consulenza a Manhattan, la Matrix Advisers, seppur continui a rimanere defilato. La settimana scorsa un intraprendente giornalista della Reuters lo ha rintracciato nella sua baita nelle Rocky Mountains. E gli ha dato modo di sfogarsi: «Hanno bisogno di qualcuno su cui riversare tutte le colpe. E quello sono io. Ma passerà», ha detto fiducioso.

Il suo ex braccio destro, Joseph Gregory, si è dimostrato meno fatalista: il mese scorso ha presentato una richiesta di 233 milioni di dollari al custode giudiziario di Lehman. Sostiene che siano bonus arretrati che gli spettavano ma non ha ancora avuto. Anche se gli esperti dubitano che il custode metta il suo nome in cima alla lista dei legitttimi pretendenti ai beni postumi di Lehman. In conpenso sia il suo che quelli di Fuld e Russo sono nell'elenco dei nomi dei dirigenti di Lehman messi sotto inchiesta dal Dipartimento della Giustizia.

A parte quelli che gli americani chiamani i «big shots», cioé i grossi nomi, che fine hanno fatto le 12.000 persone che lavoravano per Lehman a New York? Una grossa parte è stata assorbita da Barclays. Altri sono riusciti a riciclarsi nel mondo della finanza. Ma molti sono ancora senza lavoro. Uno di questi è Carmine Visone, ex managing director per l'immobiliare. Il Sole 24 Ore gli ha telefonato a casa. Ha risposto la moglie Kathy. «È stato un anno durissimo e Carmine preferisce non parlarne», ci ha detto. E quando gli abbiamo chiesto se poteva metterci in contatto con ex colleghi del marito, ha aggiunto: «Tutti quelli che conosco io sono distrutti e non vogliono parlare».

Chi invece non ha problemi a rimuginare è il venticinquenne Peter Ubriaco. «Lehman mi offrì un lavoro alla fine del 2006, prima ancora che finissi di laurearmi» ricorda. «Il mio sogno era di mettermi in proprio e avviare un'attività imprenditoriale nel settore dell'high tech, ma quando dissi ai miei genitori dell'offerta da Lehman Brothers mi dissero che sarei stato un pazzo a non accettarla. Ricordo ancora le parole di mio padre: "è uno dei più prestigiosi nomi a New York, un posto sicuro, con un ottimo stipendio e ottime prospettive". E io mi lasciai convincere».

Dopo il crollo di Bear Stearns, nel marzo del 2008, Peter si rese conto chele cose si stavano mettendo male. «Dentro Lehman cominciò a circolare la voce che saremmo stati i prossimi. Perciò, quando è arrivato l'annuncio della bancarotta non posso dire di essere stato sorpreso», dice. «In realtà me l'aspettavo. Tant'è che dopo mesi di rinvii, il 12 settembre, tre giorni prima dell'annuncio, presi un appuntamento con il mio dentista per farmi estrarre il dente del giudizio, una procedura che sapevo essere costosa e quindi temevo di non potermi permettere se fossi rimasto disoccupato».

La perdita del posto di lavoro per Peter non è stata causa di panico. Il 30 ottobre scorso, esattamente un giorno dopo aver ricevuto la comunicazione ufficiale dell'avvenuto licenziamento ha costituito la sua società di consulenza tecnologica, NYISI.
A quasi un anno di distanza, pur senza le certezze di uno stipendio e di un posto fisso, è convinto di aver imboccato la strada giusta. «I miei genitori ogni tanto provano ancora a spingermi a cercare un lavoro, ma io sono contento così», dice. E comunque non è il solo ad aver deciso di cambiare del tutto. Matt, suo amico ed ex collega a Lehman, è diventato un importatore di scarpe.

11 settembre 2009
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