Il 2009 è un anno all'insegna della crescita. L'Associazione italiana private banking stima che a fine anno la ricchezza dei "paperoni" italiani aumenterà del 4%, portando il mercato potenziale a 836 miliardi di euro. Un dato incoraggiante, dopo un difficile 2008 che, soprattutto per effetto della turbolenza dei mercati finanziari, ha fatto segnare un -9,8%.
Fonte Aipb

La distribuzione della ricchezza finanziaria
Nel nostro paese le famiglie dei super ricchi sono 591mila, un dato in linea rispetto a quello dello scorso anno (583mila). Più si sale nella piramide della ricchezza, più si riduce il numero delle persone di elevato standing: la maggior parte di queste famiglie (399 mila, il 68% del totale) ha patrimoni finanziari compresi tra i 500mila e un milione di euro, per 280 miliardi di asset complessivi (34%). Tuttavia, nei due livelli più alti della piramide, dove si collocano le famiglie con patrimoni superiori ai 5 milioni di euro (il 5% del totale), si concentra ben il 30% della ricchezza (255 miliardi). Territorialmente, la ricchezza si concentra in alcune regioni italiane, soprattutto settentrionali: prima fra tutte la Lombardia, dove sono presenti 248 miliardi di euro, cioè una quota pari al 29,7 del mercato potenziale. Seguono, a lunga distanza, l'Emilia Romagna, il Veneto e il Piemonte (dati Aipb 2008). Ma qual è l'identikit del potenziale cliente private? Sono lavoratori autonomi, imprenditori, libero professionisti, ma anche pensionati che, sebbene non più attivi nel mondo del lavoro, hanno una ricchezza accumulata da gestire. Si tratta prevalentemente di uomini maturi, anche se le il ruolo delle donne nella gestione dei patrimoni di famiglia sta diventando sempre più rilevante.
Fonte Aipb

La crisi, però, ha mescolato le carte. A partire dalla stessa soglia presa come riferimento minimo – da leggersi comunque in maniera non rigida - per poter accedere ad un servizio di private banking (500mila euro). L'andamento negativo dei mercati, infatti, ha eroso i portafogli delle famiglie facoltose che, in alcuni casi, spiega Marco Oriani, docente di Economia degli intermediari finanziari all'Università Cattolica di Milano "sono scese al di sotto di questa soglia" per poi, magari, varcarla nuovamente, per effetto del rimbalzo delle piazze finanziarie.
Sono cambiate anche le scelte di investimento della clientela private, più orientata verso prodotti semplici e meno rischiosi. «La propensione al rischio del cliente private si è drasticamente ridotta, tanto più quanto esso ha grossi patrimoni – prosegue Marco Oriani - I clienti con masse più importanti manifestano una propensione al rischio più limitata perché il loro obiettivo è il mantenimento di queste masse o il loro marginale incremento, per riuscire poi a trasmetterle alle generazioni successive. Un elemento che è abbastanza visibile con la crisi – sottolinea Oriani - è il cambiamento di orizzonte di investimento del cliente private: ragionare in un'ottica di lungo periodo non è così facile anche per motivazioni psicologiche ed emotive. In momenti di crisi si vuole ragionare invece su orizzonti di breve periodo, verificare e monitorare i risultati che si ottengono».