«Lo scudo fiscale è un'operazione in molti casi complessa e da realizzare con grande attenzione. L'amministrazione finanziaria, infatti, verificherà la correttezza dell'operato in un momento assai delicato e successivo. E poi nello stesso tempo si deve fare anche una corretta pianificazione tributaria relativamente alle stesse attività oggetto di emersione, in vista dell'utilizzo futuro che si vuole fare dei beni o dei capitali interessati».
A parlare così è Alfredo Malguzzi, dottore commercialista esperto della materia, da diverse settimane impegnato nel consigliare ai clienti, privati e banche, la via da seguire. Il suggerimento del professionista è una sorta di monito: non basta scudare, ma l'operazione deve essere condotta correttamente sia da un punto di vista formale, sia sostanziale, altrimenti arriva la sanzione.
Casa in Svizzera
Uno dei casi più critici rimane quello del soggetto che possiede una casa di proprietà in Svizzera o nel Principato di Monaco. Come è noto, infatti, la localizzazione di attività finanziarie e patrimoniali in questi paesi (insieme a San Marino e a quelli non ricompresi nella lista delle 36 nazioni elaborata con la circolare n.43/E del 10/10/2009), che non garantiscono un effettivo scambio di informazioni con l'amministrazione finanziaria italiana, preclude al soggetto che voglia ricorrere allo scudo la modalità della regolarizzazione per attuare l'emersione, imponendogli il rimpatrio.
Che fare in questi casi? «Vendere, per fare emergere il corrispettivo della cessione, è un'opzione sostanzialmente impraticabile. Non è detto che si riescano a rispettare i tempi dello scudo - aggiunge Malguzzi -; la modalità indicata dall'amministrazione sarebbe quella di conferire la casa in un società estera, del medesimo paese dove la casa si trova per poi dar luogo al rimpatrio della relativa partecipazione nella società conferitaria (a patto che non risulti intestataria di altri beni).
Ma attenzione: non solo questa non è un'operazione immediata, richiede tempi tecnici che potrebbero impedire di rispettare i termini della sanatoria, oramai assai stretti. Si devono altresì sostenere dei costi e poi risolvere il problema di trovarsi a detenere una partecipazione in una società esterovestita. «In alcuni casi, poi la legge federale svizzera – aggiunge Severino Pugliesi, della direzione Private Banking di Credit Suisse Italy – sull'acquisto di fondi da parte di persone all'estero (Lafe) può rappresentare un ostacolo insormontabile proprio per quanto riguarda il trasferimento dell'immobile in una società». Secondo Malguzzi è questo un caso che crea un evidente disparità di trattamento e una scelta legislativa opinabile, quantomeno in termini di opportunità.
Titoli illiquidi
Difficile è anche il caso di chi ha sottoscritto fondi comuni non armonizzati, hedge fund, fondi di private equity, allo stato illiquidi o sui quali si registra una perdita.
«In questi casi - aggiunge Malguzzi - le soluzioni sono diverse: lasciare la gestione all'estero ricorrendo al rimpatrio giuridico tramite fiduciaria (meglio, del rapporto intrattenuto con il gestore estero), oppure far confluire gli investimenti in una polizza unit linked stipulata all'estero, oggetto successivo dell'emersione. Ma non sono pochi i problemi da risolvere. In primo luogo, quello dell'attribuzione del valore ai fini propri dello scudo, poi quello della determinazione del costo fiscalmente legato a questi investimenti. Va poi affrontato il tema della pianificazione tributaria, in relazione agli investimenti oggetto di emersione. Se gli investimenti hanno prodotto frutti (interessi o capital gain) che vanno indicati nella dichiarazione dei redditi. E questo evidentemente può comportare la perdita dell'anonimato. In poche parole si annulla la segretazione desiderata con lo scudo.
«Se si opta per la polizza – aggiunge Puglisi – occorre valutare il rapporto costi/benefici del ricorre a una polizza rispetto all'importo dei titoli illiquidi; dall'altro occorre considerare come le polizze vita dovrebbero avere delle caratteristiche di liquidabilità e di gestione effettiva - dei fondi interni assicurativi - che ne garantiscono la reale "sostanza" e inattacabilità.
Trust
Altre criticità sono rinvenibili laddove le attività finanziarie e patrimoniali siano intestate a trust esteri o a società (holding) estere, riconducibili alla categoria delle controlled foreign company o meno.
Si tratta di fattispecie per le quali si impone prioritariamente l'esame di chi debba essere il soggetto "scudante" e l'oggetto dello scudo alla luce dei principi rinvenibili nella normativa di riferimento e dei criteri indicati nella già citata Circolare attuativa.
«In ogni caso – conclude Malguzzi – si deve valutare se è necessario e/o se convenga o meno, pianificare l'immediato e conseguente scioglimento di tali entità».