La Germania è diventata negli ultimi anni un paese che esporta e non consuma, che vende e non acquista. Secondo i calcoli della compagnia assicurativa Allianz l'export in rapporto al prodotto interno lordo è salito dal 33,4% nel 2000 al 47,3% nel 2008. La percentuale è scesa leggermente nel 2009, al 40,8%, a causa della gravissima recessione dell'anno scorso. Il grado di apertura internazionale della Germania, che si calcola sommando import ed export rispetto al Pil, è raddoppiato nell'ultimo decennio: nel 2009 era del 77%.
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La domanda interna invece è rimasta pressoché piatta. Se i consumi restano deboli è soprattutto perché la popolazione sta invecchiando. In un paese che si preoccupa di anticipare il futuro, l'incertezza induce molte famiglie a rinviare gli acquisti e soprattutto gli investimenti. Il governo del cancelliere Angela Merkel ha introdotto nel 2009 una serie di misure per rafforzare la domanda interna, con un aumento per esempio degli assegni famigliari.
Molti tedeschi però non credono ai tagli fiscali per sostenere la domanda. Nel programma del governo democristiano-liberale, al potere dalla fine del 2009, erano previste riduzioni delle imposte, oggi in forse per paura di aumentare il debito. Peraltro, se la domanda interna è fragile la ragione non dipende solo dai consumi ma anche dagli investimenti. Nel 2009, la spesa per investimenti in rapporto al Pil è stata del 17,9%, bassa rispetto all'Italia (19,2%), alla Francia (20,7%) e alla Spagna (24,9%). (di B.R.)
Germanie, il blog di Beda Romano