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Ma l'euro tocca nuovi minimi da dieci mesi

di Maximilian Cellino

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26 Marzo 2010

Se il vertice di ieri a Bruxelles doveva essere la prova generale per mostrare al mondo intero come l'Unione europea è in grado di risolvere le crisi che sorgono al suo interno, l'esito non è proprio di quelli promettenti. E il movimento dell'euro nelle due ore successive all'annuncio dell'accordo fra Francia e Germania per il salvataggio del paziente greco ne è la testimonianza fedele: la valuta comune è dapprima risalita dai minimi degli ultimi dieci mesi (a 1,3286 dollari) fino a sfiorare quota 1,34, ma l'effetto è durato lo spazio di pochi minuti, giusto il tempo di attendere la reazione di Jean-Claude Trichet.
Al presidente della Banca centrale europea, come era prevedibile viste le dichiarazioni dei giorni precedenti, non è proprio piaciuta la chiamata del Fondo monetario internazionale al capezzale di Atene. Ma in modo altrettanto ovvio, il nuovo braccio di ferro fra Francoforte e Bruxelles non ha certo rassicurato i mercati e così l'euro è di nuovo precipitato fino a toccare nuovi minimi a quota 1,3265.

Non è del resto un mistero che in queste ultime settimane i movimenti sui mercati valutari si giochino tutti attorno all'ipotesi di una crisi strutturale dell'Eurozona, anziché sui temi macro (differenziale tassi, squilibri dei conti commerciali) che di solito armano il braccio di chi vuole investire (o speculare) sulle divise. Finché ci saranno dubbi sul futuro della Grecia è difficile ipotizzare un'inversione di tendenza o anche una stabilizzazione dell'euro. Così come un altro tipo di incertezza, quella relativa agli interventi sul mercato della Banca nazionale svizzera, condiziona (questa volta in senso contrario) il cammino del franco.
Anche ieri, sotto questo aspetto, si è registrata l'ennesima dichiarazione di un'esponente elvetico contro l'eccessivo rialzo della valuta locale nei confronti dell'euro. Stavolta è toccato addirittura al presidente della Confederazione, Doris Leuthard, scendere in campo, rimarcando che il franco è «troppo forte» e che «preoccupa vedere un euro così debole perché pone problemi alle aziende svizzere che esportano». Ma si è trattato ancora di sole parole, perché di azioni concrete per il momento non se ne sono viste e il risultato è sotto gli occhi di tutti: gli speculatori possono tranquillamente continuare ad andare «lunghi» di franco e «corti» di euro, che così resta vicino ai minimi storici sotto quota 1,43.

Non è comunque detto che la soluzione di entrambi gli impasse debba necessariamente portare a un pronto recupero dell'euro da una parte e a un indebolimento del franco svizzero dall'altra. «Un eventuale intervento della Banca centrale elvetica - sostiene Roberto Mialich, strategist valutario di UniCredit Mib - invierebbe un segnale importante ai mercati, ma non sarà comunque semplice riportare il cambio con l'euro fino a quota 1,50 partendo da livelli così bassi». Stessi dubbi anche sulle capacità di ripresa a medio termine della divisa europea: «La sensazione – continua Mialich – è che la crisi legata alla Grecia, anche se dovesse essere risolta, condizionerà a lungo l'euro, perché si è dimostrato che trovare l'accordo fra i vari leader europei per risolvere un problema di tale portata è impresa molto difficile».

Vale la pena di notare che sugli altri mercati finanziari gli eventi di ieri hanno sortito effetti meno marcati. Lo spread dei decennali greci nei confronti del bund tedesco si è ridotto rispetto alla vigilia (314 punti base da 323), così come è sceso il valore dei credit default swap sul debito di Atene (292 punti da 332). Contrastata la reazione delle Borse, con l'Europa in deciso rialzo (ma ha chiuso prima del duello Eurogruppo-Bce) e Wall Street vicina alla parità: in questo momento il bersaglio resta più che mai l'euro.

26 Marzo 2010
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