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Exchange traded fund, due formule per un portafoglio

di Isabella Della Valle

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Sabato 20 Marzo 2010

Partiti nel settembre del 2002 come replicanti degli indici di Borsa, gli Etf non hanno fatto grande breccia nel cuore degli investitori retail. La formula di per sè è molto semplice e potrebbe piacere a quanti non sono soddisfatti della capacità di gestione dei tradizionali fondi comuni di investimento: costano poco, sono liquidi, si possono vendere in tempo reale alla stessa stregua di un'azione, seguono le sorti degli indici di Borsa e lasciano spazio a poche recriminazioni nel caso in cui le cose non vadano bene. Si tratta infatti di strumenti a gestione passiva e qualsiasi cosa accada, la colpa o il merito è del mercato. L'importante è essere consapevoli delle proprie scelte. Il fatto che non trovino molti spazi nei portafogli delle famiglie italiane, ma siano appannaggio soprattutto degli investitori istituzionali, ha una ragione abbastanza semplice: non danno grandi remunerazioni a chi colloca. Non solo. Rappresentano anche delle scommesse precise su alcuni segmenti del mercato (geografiche e settoriali) che, come tali possono comportare dei rischi. Sconsigliati, dunque, almeno gli azionari, a chi ha una bassa propensione al rischio e non può contare su un orizzonte temporale di lungo periodo. Diverso, invece, il discorso per gli Etf obbligazionari e monetari.
Ma quella tra fondi ed Etf non è solo una competizione: tra i protagonisti del settore dell'asset management, infatti, sono diverse le case di investimento che propongono entrambi i prodotti e li utilizzano nell'ambito di un'asset allocation globale. In verità si tratta solo di gruppi esteri, visto che non c'è alcun operatore italiano attivo nel segmento (solo il gruppo Intesa Sanpaolo si era lanciato nel business con tre Etf, ma successivamente ne è uscito). Oggi l'offerta di fondi ed Etf arriva da Société Générale, Credit Suisse, Blackrock, ma anche Deutsche Bank, Invesco e Jp Morgan.
«Per quanto ci riguarda - spiega Marcello Chelli, responsabile per l'Italia degli Etf di Lyxor, gruppo Société Générale – intendiamo l'Etf come una modalità di accesso su mercati o settori difficili da raggiungere e che richiedono competenze specifiche particolari, alludo ad alcuni paesi emergenti oppure a comparti, come il real estate. Per il gestore con competenze su un mercato, per esempio quello europeo o americano, ha più senso l'utilizzo del fondo comune. Gli Etf che vanno usati nell'ambito di un'asset allocation, come Gpf o Gpm. La nostra clientela su questi strumenti è per il 90% istituzionale, anche perché il retail dovrebbe essere un investitore esperto».
Diversa la posizione di Giorgio Mascherone, responsabile degli investimenti di Deutsche Bank Italia, che non fa una grande distinzione di clientela e parte dal presupposto che gli Etf siano in voga quando i mercati vanno bene. «Il 2009 è stato l'anno di questi strumenti – afferma – perché è salito tutto; nel 2010 la tendenza sarà differente. Un'asset allocation globale, comunque, deve comprendere sia prodotti più tranquilli per la parte core, come per esempio fondi o strumenti a ritorno assoluto, sia una parte più aggressiva con Etf o Etc, per cogliere eventuali occasioni. Su mercati particolari come per esempio l'Africa, la Cina o l'India oppure su settori specifici come l'oro, dove c'è elevata la possibilità di dispersione di performance, mi muoverei con un fondo comune per selezionare possibili storie interessanti, mentre se ho la percezione che un listino possa salire nel suo complesso, ecco che l'Etf potrebbe essere lo strumento più adatto». Insomma la convivenza tra fondi ed Etf può esistere ed essere utile.


CHI SCOMPARE
Il gruppo Intesa Sanpaolo fa marcia indietro

- Borsa Italiana con il provvedimento numero 6528 del 15 dicembre del 2009 ha messo la parola fine della negoziazione degli Etf targati Eurizon Capital, dopo che l'assemblea dei soci di Beta1 Etfund (che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo) ha deliberato la liquidazione volontaria della società e quindi dei tre comparti in cui essa è suddivisa, cioé Beta 1Msci Euro, Beta 1 Msci Pan Euro e Beta 1 Ethical Index Euro. Alla base di questa decisione «la scarsità delle masse (40 mln €) e la difficoltà a essere competitivi».

Sabato 20 Marzo 2010
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