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Pronti contro termine, il rendimento reale torna positivo

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29 NOVEMBRE 2008


Con il progressivo ritrarsi dell'inflazione, che aveva messo a dura prova i rendimenti reali, si è azzerato il differenziale (negativo) pagato dai pronti contro termine (p/t) tra maggio e agosto. Questi contratti recuperano così appeal tra le famiglie italiane. Di recente ai pronti contro termine l'attrattività non è mancata e, di certo, non è stata l'inflazione la prima preoccupazione degli investitori. Quanto poi alla loro effettiva sicurezza, questo è un altro paio di maniche, anche se eventuali rischi restano a tutt'oggi ancora ipotetici.

I p/t sono contratti di durata da uno a sei mesi, massimo un anno, in cui una banca riceve liquidità da un cliente contro la cessione di titoli (di solito di Stato), impegnandosi al contempo al riacquistarli a termine e a un prezzo prefissato, che incorpora un rendimento. Secondo gli ultimi dati Abi, da gennaio 2007 a fine agosto 2008 la raccolta del sistema bancario con i p/t è passata da 97,5 a 137,2 miliardi. Quasi 40 miliardi quindi il saldo netto, con una crescita vicina al 41% che ha accelerato dopo la fine dell'estate.

Si è confermato quanto previsto sul «Sole 24 Ore» del 16 ottobre: anche senza i dati di settembre e ottobre, il boom di questo prodotto è in corso. Le banche hanno investito molto sulla diffusione dei p/t: negli ultimi mesi hanno proposto contratti dai tagli sempre più bassi, pari anche ad appena 1.000 euro in alcuni casi. Questa forma di investimento, qualche anno fa disponibile solo per somme considerevoli, è stata dunque proposta non più solo a clienti «selezionati» ma al mass market.
Le motivazioni sono molteplici. Alcuni fattori sono strutturali: la concentrazione del settore ha aumentato la competizione sul fronte dell'attività di raccolta retail, con l'ampliamento della gamma di prodotti. L'enorme spinta congiunturale dovuta al balzo dell'Euribor, per l' «infarto» del sistema finanziario causato dai mutui subprime, ora in via di soluzione, ha reso sempre più difficile per la banche rifornirsi di liquidità sui canali istituzionali. La crescita dei p/t, ancorché insufficiente a sanare la situazione, ha concesso un po' di respiro.

Ai risparmiatori il p/t piace perché è un'operazione intuitiva, veloce e (apparentemente) redditizia. Il rendimento si situa nella fascia alta di quelli degli strumenti di liquidità. Con l'Euribor che viaggia più in alto del tasso (lordo) dei p/t, alle banche questi contratti costano meno che non la raccolta sul mercato interbancario. Sul fronte dei rendimenti, da maggio a fine ottobre con l'esplosione dell'inflazione e un Euribor ancora abbastanza stabile i p/t hanno vissuto un momento di défaillance, con i tassi offerti , al netto dell'aliquota fiscale ridotta (al 12,5% invece del 27% di altre forme di investimento) che per quattro mesi non sono riusciti a tenere il passo del carovita. A settembre (+0,02%) e ancora più a ottobre (+0,3%), invece, i rendimenti netti reali sono tornati in positivo, grazie al balzo dell'Euribor spinto dall'acuirsi della crisi finanziaria.
Resta il fatto che nessuna Autorità, né Banca d'Italia né Consob, controlla i p/t come strumenti di raccolta perché, in base alla direttiva Mifid, non rientrano tra gli investimenti dotati di un prospetto. I pronti contro termine non sono poi garantiti dal Fondo interbancario di garanzia, perché non sono depositi ma forme di investimento. Ogni contratto fa caso a sé: il risparmiatore dovrà dunque esaminarlo molto bene e accertarsi che la banca non abbia inserito clausole che ne limitino il dovere di riprendersi il titolo sottostante anche se questo nel frattempo fosse andato in default. Infine, la giurisprudenza dibatte ancora (e si divide in due diverse scuole di pensiero, pro e contro) il fatto se i p/t siano sottoposti o no al "rischio di controparte": se la banca stessa va in default durante la durata del contratto, insomma, resta aperta la domanda se il titolo sottostante resti al cliente o se invece, come taluni affermano, questo sia ancora, e sin dalla firma del p/t, proprietà della banca. In questo caso, nell'eventualità (del tutto ipotetica) di un default bancario in Italia, ai risparmiatori con p/t dell'istituto resterebbe in mano un pugno di mosche.

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