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Interessi legati alle mosse Bce? È una speranza

di Marco Liera

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13 OTTOBRE 2008


L' «idraulica» del mercato interbancario sta giocando contro la discesa del costo dei mutui. L'imponente manovra di politica monetaria espansiva concertata a livello globale da Governi e banche centrali non è riuscita, almeno fino a giovedì sera, a sortire effetti sui tassi-guida sui quali sono calcolate le rate dei mutui a tasso variabile. L'ondata di liquidità che scende dall'alto non riesce ad arrivare a valle. Chi ha il cash se lo tiene ben stretto, anche se va oltre le sue ordinarie esigenze. E il prezzo della liquidità diventa quello di un bene prezioso, come purtroppo potranno verificare i titolari di mutuo a tasso variabile alla scadenza della prossima rata.

Il divario tra tassi ufficiali (3,75% in Eurolandia) e Euribor (5,39% il 9 ottobre) è la conseguenza del malfunzionamento dell'" idraulica" del mercato. Sul «Sole-24 Ore» di giovedì, Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha dichiarato che è necessario, «per via legislativa o attraverso accordi privati », legare il costo sui mutui casa al tasso Bce piuttosto che all'Euribor.

M a come raggiungere questo obiettivo? Bini Smaghi non lo dice, ma le banche potrebbero essere messe nelle condizioni di erogare mutui a «tasso Bce più spread» con un cambiamento radicale nelle modalità di funzionamento del mercato del credito. Per esempio, bisognerebbe rendere possibile l'uso dei mutui residenziali come collaterale del rifinanziamento degli intermediari creditizi presso la banca centrale. Se poi lo scopo è quello di ridurre il corridoio tra tassi ufficiali e interbancari, la stessa Banca centrale potrebbe diventare stanza di compensazione, eliminando il rischio controparte per i partecipanti al mercato.

Sfortunatamente, negli ultimi anni i mercati finanziari hanno seguito una strada opposta a questa. Le investment bank anglosassoni, le stesse che ora sono salvate dal dissesto con denari pubblici o fallite, hanno spinto per la moltiplicazione dei mercati e dei rischi, al fine di rendersi mediatrici indispensabili delle transazioni e di creare zone di opacità. La fine dell'obbligo di concentrazione degli scambi di titoli introdotta dalla direttiva Mifid è una delle concessioni fatte dal legislatore europeo a questa lobby ora in ginocchio.

Una soluzione per i mutui che vada al di là delle facilitazioni per il cambiamento delle condizioni (rinegoziazione, surroga o sostituzione) è comunque necessaria, come sostiene Bini Smaghi. La congiuntura attuale sta mettendo in difficoltà un numero crescente di famiglie della classe media, come si legge a pag. 4. Colpiti sono anche quei privati che, facendo affidamento sui rendimenti tipicamente ottenibili dalle attività rischiose nel lungo periodo, avevano deciso di non dedicare tutti i risparmi all'acquisto della casa, aumentando l'indebitamento, e senza fissare un tetto al suo costo. Questo numero imprecisato di mutuatari è chiuso in una doppia morsa, dovendo pagare rate più pesanti da una parte, e subendo una feroce svalutazione degli attivi finanziari dall'altra. Se le rate che essi debbono corrispondere sono ancora sostenibili rispetto al reddito (magari ricorrendo a rinegoziazioni o rifinanziamenti), devono solo stringere i denti e aspettare il famoso «lungo periodo» (d'altra parte l'ammortamento di un mutuo è spesso altrettanto lungo!).
Per il momento dovrebbe essere scongiurato il rischio peggiore, quello di perdere la casa, con effetto a valanga sulle quotazioni del mattone. Sono tempi duri, ma in epoca non troppo lontana, nel settembre 1992, per i mutuatari era forse ancora peggio.

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