I fondi comuni d'investimento non sono stati oggetto di alcun provvedimento che "li garantisca" come le obbligazioni bancarie. E questo potrebbe essere un ulteriore affondo per le già tartassate casse dei gestori, che a ottobre potrebbero vedere deflussi record. È molto probabile, infatti, che gli sportelli, sulla scia delle novità previste dal decreto del 13 ottobre, tendano a indirizzare ulteriormente la clientela all'acquisto di bond bancari da loro emessi, forti dell'assenza del rischio emittente (anche se la definizione dettagliata di come verrà attuato il provvedimento si saprà soltanto quando arriveranno i regolamenti attuattivi). «L'industria del risparmio gestito tecnicamente non ha bisogno di garanzie governative spiega Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni; è caratterizzata da una normativa molto stringente e da elevati standard di trasparenza. Queste caratteristiche, però, invece di essere un titolo di merito, per l'ennesima volta si trasformano in una forma di svantaggio competitivo. I fondi non falliscono e i soldi che vengono affidati ai gestori non vengono confusi con quelli dell'intermediario». Uno svantaggio, quello di cui parla Galli, che arriva in un momento estremamente difficile per il settore, che dall'inizio dell'anno viaggia con una raccolta negativa per ben 91 miliardi, complice soprattutto la tendenza degli intermediari, molto evidente negli ultimi due anni, di spostare i capitali su obbligazioni strutturate, bancarie e polizze. Ma lasciando un attimo da parte quanto accaduto finora, oggi c'è un'esigenza evidente: la gente chiede sicurezza. Ed è una richiesta del tutto giustificata, visto l'andamento dei listini tornati ai livelli del '98. E salvo qualche eccezione nella tipologia dei cosiddetti monetari dinamici (una ventina di prodotti in totale), i fondi non hanno mai dato problemi di affidabilità, soprattutto quelli di liquidità che diversificano il portafoglio in un'ottica di breve termine e in titoli di Stato o in bond con un buon livello di affidabilità.
Qualche lamentela per i rendimenti, però, ci sta. Ecco come si sono comportati questi strumenti nel mese più difficile per i mercati mondiali. Dall'analisi delle performance registrate dai prodotti di diritto italiano emerge che quelli migliori hanno spuntato variazioni comprese tra lo 0,7 e lo 0,48%. E fin qui tutto bene. Ora passiamo a quelli meno brillanti, che hanno portato a casa perdite abbastanza significative per essere prodotti tranquilli. Il peggiore è stato Generali Liquidità che ha perso l'1,71%. «Nel fondo spiegano dalla società c'è una piccola percentuale di bond corporate finanziari e industriali che in genere dovrebbe dare l'upside rispetto a un normale fondo di liquidità, ma che in questa fase è stata penalizzante». Segno meno anche per Sai Liquidità (-0,9%), Agora cash (-0,74%), Ducato Fix Monetario (-0,57) e Carige Liquidità (-0,46%). Perdite che se confrontate a quelle registrate da chi ha investito in Borsa diventano irrisorie. Se però lo stesso paragone si fa con i BoT o i Pct qualche riflessione va fatta.
Isabella.dellavalle@ilsole24ore.com