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Investimenti / 1 – Guadagnare il 3,5% con i bond senza correre rischi

di Federica Pezzatti

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6 DICEMBRE 2008

È più rischioso comprare un BTp o un'obbligazione societaria? La risposta potrebbe sembrare scontata. Tuttavia prima di risolvere l'arcano è bene fare una disamina della situazione particolare in cui ci troviamo. Il differenziale tra i buoni poliennali del Tesoro e i Bund decennali è salito ai massimi di 134,5. Per osservare un gap così marcato tra i rendimenti dei titoli italiani (pari al 4,39% lordo) e quelli dei titoli del governo tedesco (3,06%), si deve tornare ai tempi del marco e della lira.
Nella fase d'incertezza che interessa l'intero sistema finanziario, le tensioni si riversano in particolare sui Paesi più indebitati come appunto l'Italia. Giusto per dare un'idea, lo spread tra titoli del governo spagnolo e i bund è molto più ridotto (78 punti base) e all'interno dell'Unione monetaria rendono 30 centesimi di più dell'Italia solo i titoli emessi dal governo greco, che però ha un rating A (contro l'A+ dell'Italia).
Per gli ottimisti, che pensano che difficilmente l'Italia uscirà dall'Unione Monetaria, i BTp rappresentano ancora un'opportunità, soprattutto in uno scenario in cui più che d'inflazione si parla di deflazione. E del resto chi vede il bicchiere mezzo pieno può rinfrancare le proprie convinzioni dopo le parole del ministro Giulio Tremonti che ha affermato che «il debito italiano é assolutamente solido». «Un'idea può essere quella di puntare sui BTp a tre anni –, spiega in proposito Guido Casella, gestore obbligazionario di Azimut –. Queste emissioni stanno già anticipando quanto probabilmente accadrà su vasta scala ai titoli italiani nei prossimi mesi. A causa della concorrenza delle emissioni bancarie garantite da Stati esteri, come quelle collocate di recente sul mercato da Royal Bank of Scotland e Barclays, il rendimento lordo dei BTp, che scadono nel 2011, è oggi ancora pari al 3,50% contro un Bund di scadenza equivalente che rende il 2,10%».
Ma chi vede il bicchiere mezzo vuoto fa appunto presente come nei prossimi mesi i governi di tutta Europa, in buona compagnia di quello Usa, dovranno emettere un discreto ammontare di titoli di Stato, una buona dose di bond bancari dovrà poi essere rinnovata. In un tale scenario i più vulnerabili titoli italiani potrebbero essere oggetto di disaffezione e paradossalmente potrebbe rivelarsi dunque più sensato sotto il profilo rischio/rendimento puntare su alcune emissioni societarie che hanno ritorni interessanti e, come spiegato nell'articolo di pagina 5, rischi tutto sommato contenuti ai prezzi attuali. In questo caso bisogna fare attenzione alla liquidità delle emissioni e nella scelta dei settori: se l'economia rallenta, i prezzi dei titoli diminuiscono. I più a rischio sono quelli automobilistici, a causa della crisi del business, e quelli delle telecomunicazioni per via dell'enorme indebitamento che però parrebbe sostenibile grazie ai flussi di cassa. Più difensivi risultano come sempre i servizi.
Questo contesto di transizione in cui si devono stabilire nuove regole offre dunque delle opportunità, ma le parole d'ordine per affrontare il prossimo periodo sono trasparenza, semplicità e liquidità. Meglio non puntare su un solo emittente o su un solo Stato, ma attuare una buona diversificazione, non dimenticando che prima del rendimento accattivante viene la sicurezza.
Non mancano poi le occasioni da saldo per i più prudenti. È il caso dei CcT. Normalmente i certificati di credito del Tesoro, unici governativi europei con scadenze medio lunghe a tasso variabile, tendono a restare più o meno a quotazioni vicine alla pari. Ma una serie di fattori contingenti (ipotesi di deflazione, bisogno di fare cassa da parte degli investitori istituzionali e rischio Italia) ha fatto scendere i prezzi. Visto che i CcT sono agganciati al tasso dei BoT a sei mesi (maggiorato di 30 centesimi), l'acquisto di un certificato che scade nel 2012 a 95, si tradurrebbe – anche nell'ipotesi in cui i tassi dei BoT dovessero scendere a 1,5% – in un rendimento del 3% circa l'anno, considerando anche il guadagno in conto capitale ottenibile mantenendo i titoli fino a scadenza. In questo caso ci si tutela anche da un eventuale scenario meno roseo del previsto sul fronte dell'inflazione.

federica.pezzatti@ilsole24ore.com

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