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FINANZA

Risparmio gestito, cinque proposte per crederci ancora

di Isabella Della Valle

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15 novembre 2008

Al peggio non c'è limite. E il dato registrato a ottobre dai fondi comuni (-23 miliardi) l'ha confermato. È evidente che se si va avanti di questo passo la prospettiva migliore per il risparmio gestito in Italia è l'estinzione. Sono più di due anni che si svuotano le casse dei gestori e finora si è detto molto, ma nulla è stato fatto per fermare questo esodo. Ecco qualche cifra, tanto per capire l'entità del fenomeno. Da gennaio del 2007 a oggi il patrimonio complessivo del sistema ha perso poco meno del 29%, passando da 613 a 436 miliardi e nello stesso periodo le masse gestite dai prodotti azionari e bilanciati si sono ridimensionate di oltre il 52 per cento. Consistente pure la limatura degli obbligazionari che attualmente gestiscono il 32% in meno rispetto a due anni fa, mentre hanno tenuto botta i flessibili e gli hedge fund (solo i prodotti di liquidità si sono mossi controtendenza: +9%).
Anche le notizie che arrivano dal fronte della raccolta sono ben poco rassicuranti. Nello stesso periodo dalle casse del sistema sono usciti complessivamente 168 miliardi (-114 solo nel 2008). Determinante al risultato il contributo degli obbligazionari con deflussi per 101 miliardi, mentre per gli azionari il saldo è stato negativo per circa 50 miliardi. Ad aggravare la difficile situazione del settore si è aggiunta anche la crisi finanziaria che ha amplificato proprio quei problemi all'origine della debacle, primo tra tutti la necessità di reperire liquidità da parte degli sportelli. Inizialmente la soluzione è stata quella di vendere prodotti strutturati (obbligazioni e polizze). Poi i timori in seguito alle vicende che hanno coinvolto blasonati nomi del credito internazionale hanno generato una certa diffidenza anche verso questi prodotti che in molti casi avevano pancia i titoli coinvolti negli scandali finanziari. Oggi dunque ha preso piede un'altra tendenza; quella di creare conti di deposito sempre più attraenti, che permettono alla banca di intercettare la forte ricerca di sicurezza manifestata ultimamente dai risparmiatori. Con buona pace dei fondi.
Per risollevare le sorti del risparmio gestito servono quindi delle soluzioni concrete, facilmente comprensibili e soprattutto che abbiano un impatto positivo sulle famiglie italiane, il principale bacino di utenza cui si rivolgono i fondi da più di vent'anni. Soluzioni che rappresentino un buon motivo per tornare a investire in questi strumenti che, nonostante i plus rispetto ad altri prodotti (trasparenza, possibilità di seguire l'andamento dell'investimento, diversificazione, confrontabilità dei risultati con il mercato, bassi importi di ingresso per accedere ai listini, formule che consentono di spalmare l'investimento nel tempo e così via) evidentemente qualche problema ce l'hanno. Come per esempio i costi per i prodotti obbligazionari o per alcuni monetari, spesso del tutto ingiustificati rispetto al servizio che offrono alla clientela. O l'eccesso di offerta, in genere calibrata sulle esigenze delle reti distributive più che sui reali bisogni dei sottoscrittori o il timore che i money manager non siano sufficientemente motivati a ottenere buoni risultati, oppure il problema della dipendenza delle Sgr dai grandi gruppi bancari che le controllano.
Sulla scia di queste e altre considerazioni, «Plus24» ha formulato cinque punti che potrebbero aiutare il settore a ripartire o almeno riaprire un dibattito. Eccoli: la semplificazione delle classificazioni, l'investimento dei money manager nei fondi gestiti, l'esposizione chiara dell'ammontare delle commissioni pagate e la loro incidenza sui risultati, una comunicazione tempestiva di fronte ad andamenti anomali, la quotazione del fondi in Borsa su piattaforme telematiche con diversi costi in base alla modalità di investimento. Sono solo proposte in un dibattito aperto che potrà essere alimentato anche con il vostro contributo (mail box risparmiogestito.plus24@ilsole24ore.com).

isabella.dellavalle@ilsole24ore.com

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