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Incentivare performance e consulenza

di Marco Liera

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15 novembre 2008


La sopravvivenza – e, se del caso, la prosperità – del risparmio gestito devono partire da una riforma dell'industria dell'asset management che vada nell'esclusivo interesse dei risparmiatori. Questo è il principio che ispira le cinque proposte di «Plus24» illustrate questa settimana, nella convinzione che i fondi comuni siano in crisi soprattutto perchè a oggi sono stati interpretati come strumenti di creazione di valore per l'offerta, più che per la domanda.
Delle cinque idee, due (la prima e la quarta) sono finalizzate a coprire le principali lacune rimaste sotto il profilo comunicazionale, dopo un quarto di secolo di regolamentazione che ha reso i fondi comuni uno dei settori più trasparenti del risparmio: il primo è la semplificazione delle categorie, che ha come corollario l'esplicitazione alla clientela dell'informazione prioritaria dal loro punto di vista, rappresentata dal rischio di perdita assunto.
In particolare, sarebbe interessante introdurre una categoria di accesso dei piccoli risparmiatori al mondo del "gestito" che abbia dei requisiti di selezione dei titoli in portafoglio ancora più stringenti e prudenziali di quelli previsti per i fondi di liquidità. Questo tipo di strumento permetterebbe ai gestori di confrontarsi più efficacemente con prodotti di grande successo quali i BoT, i conti di deposito, i pronti contro termine e i buoni postali. Inoltre, è da valutare l'esplicitazione per ogni fondo di una soglia minima e una massima di rendimenti possibili su un dato orizzonte temporale, e obbligare i gestori a comunicare tempestivamente a reti e sottoscrittori le ragioni dell'eventuale superamento di queste soglie. In questo modo, si spingerebbero i gestori e i venditori di fondi a non illudere i risparmiatori fissando soglie minime e massime troppo vicine, perchè in quel caso incorrerebbero con maggiore frequenza nel superamento delle stesse e quindi nell'"obbligo di spiegazione".
L'altra proposta punta a incentivare i gestori a allineare i loro interessi con quelli dei sottoscrittori; i quali hanno diritto di sapere se e in che misura i soci e i manager della Sgr investano nei loro fondi oppure no. Come? Rendendo questa circostanza parte integrante della comunicazione obbligatoria. Indirettamente, questa è una misura che premierebbe l'imprenditorialità, ancora poco presente nel settore.
La seconda e la quinta proposta hanno l'obiettivo di scardinare la rendita di posizione che hanno le banche sul semplice mantenimento dei fondi da parte della loro clientela, e che deprime le performance. Occorre rendere le commissioni ancora più percepibili dai sottoscrittori, e incentivare l'offerta di strumenti a basso costo. Nell'impossibilità di fare pagare con un assegno a parte i costi che riducono i rendimenti, si può almeno prevedere di comunicare tramite lettera personalizzata qual è il controvalore in euro di tutti i costi pagati ogni anno, a fianco dei risultati ottenuti dal fondo. Inoltre, occorre agevolare la creazione in capo alle Sgr e alle Sicav di classi di quote o azioni low-cost da trattare su piattaforme telematiche, riservando quelle con commissioni standard alle reti di collocamento. Queste ultime sarebbero così incentivate a fornire una vera consulenza continuativa per giustificare i maggiori costi applicati. Proposte come queste dovrebbero minimizzare la possibilità che in giro ci siano fondi gestiti da gruppi (bancari e non) poco convinti dell'opportunità di offrirli, distribuiti da reti scarsamente motivate e incapaci di mantenere un rapporto di lungo periodo, e che danno performance imbarazzanti. Ripulito il settore dagli errori del passato, l'industria del risparmio potrà ripartire più leggera, ma anche più forte e più sana.

marco.liera@ilsole24ore.com

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