Luciano di Samosata, «Il codice etico per lo storico», tratto dall'opera «Come si deve scrivere la storia» (paragrafo 41 e 42 del libro 59)
Traduzione e commento di Mariateresa Bodini, docente del Liceo classico Berchet di Milano
Tale dunque lo storico ideale. Sia senza paura, obiettivo, indipendente, amante della libertà di parola e della verità, come suggerisce il Comico, capace di dire pane al pane e vino al vino, non uno che esprime giudizi per odio o amore né li sottace o per pietà o per ritegno o per malevolenza, giudice imparziale, ben disposto nei confronti di tutti fino a non attribuire all'uno o all'altro qualcosa più del dovuto, senza patria e senza città quando si tratta di scrivere, autonomo e non soggetto al potere; uno che non sta a calcolare che cosa sembrerà bene a Tizio, ma dice che cosa è stato fatto.
Dunque Tucidide ha definito molto bene questo criterio e ha distinto l'etica dello storico dalla cattiva storiografia, pur vedendo che era ammirato in modo particolare Erodoto fino al punto che i suoi libri erano chiamati anche Muse. Afferma infatti di scrivere (la sua opera) come possesso per sempre piuttosto che come competizione per il presente e di non indulgere all'elemento mitico, ma di lasciare ai posteri la verità dei fatti. E aggiunge il concetto di utile e il fine che una persona di buonsenso attribuirebbe alla ricerca storica: se mai nuovamente si verificassero situazioni analoghe, (i lettori), dice, guardando a quanto scritto prima, potrebbero risolvere con successo le loro difficoltà.
Il commento alla versione di greco