C'è chi studia chimica perché sogna di fare il ricercatore e chi si iscrive a informatica perché sa tutto di computer. C'è chi fa matematica perché si diverte a risolvere le equazioni e chi punta su scienze perché ama la natura. Le lauree scientifiche vengono sempre scelte "di pancia", osservano i selezionatori del personale. Ma il mercato del lavoro come accoglie i ragazzi?
A giudicare dalle offerte, i laureati in matematica si adattano bene al marketing e alla finanza, mentre i dottori in statistica possono operare nelle assicurazioni o come controller di gestione. Per i laureati in informatica, invece, internet è il canale principale nella ricerca del lavoro. Le professionalità nel campo dell'information technology sono state le prime a essere selezionate tramite il Web. Negli ultimi tempi, però, si è assistito a un lento livellamento, come spiega Cristina Popper, country manager per l'Italia di InfoJobs: «Per le offerte rivolte ai neolaureati c'è sicuramente un aumento delle categorie meno rappresentate. Informatica e vendite erano i settori di punta e non hanno visto un boom; gli altri, invece, sono cresciuti».
Nei primi tre mesi di quest'anno – solo per dare un ordine di grandezza – sono state pubblicate sul sito di InfoJobs 4.550 offerte rivolte ai programmatori, 3.025 per i consulenti informatici e 1.028 per i chimici. Proprio per questi ultimi, i dati Istat evidenziano un altro punto di forza: nel 94,1% dei casi i laureati nel campo chimico-farmaceutico fanno un lavoro per cui è richiesta la laurea (dato secondo solo a quello dei medici). Peraltro, Armando Zingales, presidente del Consiglio nazionale dei chimici, segnala un cambiamento nel panorama tradizionale: «Alcuni settori come la sanità e l'industria chimica assorbono meno del passato. Tra i settori che tirano di più, invece, c'è quello delle analisi: dagli alimenti all'ambiente, dai prodotti industriali alle analisi cliniche». Un terreno fertile è la filiera della certificazione di qualità dei prodotti, come quella della sicurezza e igiene del lavoro e dell'ambiente. In particolare, conclude Zingales, «è di estrema attualità la filiera della gestione dei rifiuti, così come la depurazione delle acque».
Per i laureati in discipline scientifiche, comunque, il mondo delle imprese non esaurisce il novero delle alternative. Anzi, in molti casi le aziende vengono dopo la ricerca scientifica nella gerarchia delle preferenze dei neolaureati. Ma qui si tocca un tasto dolente.
«Un ragazzo che desidera fare ricerca si trova davanti un percorso vago, avvolto nella nebbia dell'incertezza e minato dall'insicurezza economica», afferma Francesco Mauriello, presidente dell'Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani (Adi). E questo per diverse ragioni, valide in larga parte anche in campo umanistico: «Nepotismo, precarietà del proprio percorso di vita, mancanza di risorse, autoreferenzialità dell'accademia».
Chi sogna di fare un dottorato dopo l'università, dunque, dovrà mettere in conto – rileva Mauriello – la mancanza di «una borsa di studio che consenta una reale indipendenza economica» e «la scarsa valorizzazione del titolo». Un aspetto sul quale concorda Osanna Visentini, consulente senior di Sintex: «Per le aziende il dottorato è qualcosa che, se non si azzera, poco ci manca. A meno che un ragazzo non abbia studiato un settore particolarmente interessante in quel momento per l'azienda». E l'azzeramento riguarda anche l'offerta retributiva: «Mi è capitato di curare una selezione per un grosso gruppo e veder offrire a dottori di ricerca lo stesso trattamento riservato ai neolaureati».