Tre faldoni. Per raccogliere tutta la documentazione dei lavori, l'ingegner Luigi Romeo ha bisogno di tre grandi raccoglitori ad anelli. Uno per le pratiche edilizie, altri due per le detrazioni fiscali e gli incentivi legati al risparmio energetico. E meno male che le fotografie – almeno quelle – può archiviarle nel computer. Eppure, l'intervento eseguito nella casa di Antonia, una villetta a schiera nella zona est di Milano, non avrebbe dovuto richiedere tanta carta (e tanto tempo, visto che in tutto sono passati più di 600 giorni). Il progetto, all'inizio del 2008, era molto lineare: rifare il tetto di casa, rendere abitabile una parte della soffitta e – sfruttando la ristrutturazione – installare un impianto fotovoltaico tra le tegole.
Passare dalla denuncia d'inizio attività al collaudo di fine lavori, però, si è rivelato molto più complicato di quanto la proprietaria potesse immaginare. Tra scambi di corrispondenza con gli uffici e richieste di integrazione, i lavori sono finiti soltanto l'anno scorso, e comunque è ancora aperta una questione sul l'attribuzione da parte del Gse di un incentivo extra per l'energia pulita prodotta.
Tempi lunghi e tanta frustrazione, dunque. Ma la colpa non è sempre dei funzionari. Anzi, in occasione della seconda Dia la commissione edilizia milanese si è riunita otto giorni dopo la presentazione della documentazione. Sono piuttosto norme e procedure a creare i presupposti per sviste, errori e intoppi. Un incentivo uguale e contrario a quello dettato per favorire il risparmio energetico.