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FINANZA LOCALE / Scorciatoie per quadrare i bilanci

di Franco Locatelli

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1 Marzo 2010
FINANZA LOCALE / Scorciatoie per quadrare i bilanci

Basterebbe il boom dei rincari per far gridare allo scandalo delle tariffe. Ma non è detto che sia proprio questa la vera pietra dello scandalo o che sia la più grossa. Se le tariffe dell'acqua crescono del 26,4% in cinque anni e quelle dei rifiuti del 29,1%, i casi sono due: o erano troppo basse prima (e per i servizi idrici certamente lo erano) o sono cresciute troppo frettolosamente dopo. Ciò che indispettisce non è solo l'entità dei rincari, ma l'uso politico e del tutto arbitrario delle tariffe. Lo ammette anche il sindaco di Roma nell'intervista che pubblichiamo a pagina 3: quando i Comuni non riescono a tagliare i costi e non possono liberamente manovrare la leva del fisco, le tariffe diventano la scorciatoia delle loro emergenze di bilancio. E infatti il problema vero è proprio questo: se la dinamica delle tariffe è del tutto slegata da parametri oggettivi – come l'andamento dei costi, della produttività e della qualità dei servizi sottostanti – ed è solo una variabile dipendente dalle esigenze politiche dei Comuni piuttosto che il verdetto imparziale di arbitri neutrali chi ne garantisce l'equità e la trasparenza?

Ci sono voluti decenni per convincere il potere politico che le tariffe dei grandi servizi pubblici - dall'elettricità ai telefoni - non potevano essere un'arma impropria nelle mani del Principe, ma uno strumento per regolare mercati in marcia verso la liberalizzazione da affidare alla gestione di autorità tecniche indipendenti. Sarebbe ora di fare un salto di qualità anche sulle tariffe comunali: per affidarle alla libera dinamica dei mercati e trasformarle in prezzi dove è possibile o per assegnarle al giudizio di Authority imparziali nel caso in cui i mercati non siano pienamente liberalizzati o liberalizzabili.

Una svolta di questo genere è l'unica risposta vera all'arbitrio delle tariffe ad uso politico, ma impone una regolazione dei servizi completamente diversa dall'attuale. E richiede due grosse novità: un passo indietro della politica e la riscoperta dell'importanza degli arbitri indipendenti.

È realistico immaginare che nell'attuale scenario politico si vada incontro a una rivalutazione del buon senso e a una rivoluzione di questa portata? Il clima di imbarbarimento generale che ci circonda non autorizza illusioni ma, prima o poi, anche la politica dovrà capire che, se non vuole correre il rischio di alimentare forme incontrollabili di ribellismo e di protesta sociale, dovrà decidersi a imboccare la via delle riforme. Non aspettiamoci però gentili concessioni dall'alto: conquistare una diversa e più corretta regolazione delle tariffe dei servizi pubblici dipende anche dai consumatori. Qui però è bene parlar chiaro e non nascondere la testa sotto la sabbia: il potere del movimento dei consumatori in Italia è lontanissimo da quello dei Paesi più avanzati ed è ora di chiedersi come mai le associazioni dei consumatori italiani non riescano a raccogliere il consenso che hanno altrove. Non basta dire solo di no per aprire la strada alle riforme. Talvolta bisogna avere anche il coraggio di dire qualche sì per imporre cambiamenti veri. È più importante opporsi indiscriminatamente a qualunque aumento delle tariffe pubbliche o pretendere che i rincari siano graduali, trasparenti e giusti ma portino più investimenti, più qualità e più efficienza? La sfida è aperta, ma sarebbe delittuoso rinunciare alla battaglia.

franco.locatelli@ilsole24ore.com

1 Marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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