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PIT STOP / Nel paese dei veti la bertolasocrazia diventa necessità

di Guido Gentili

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02 febbraio 2010

Esiste un caso di "bertolasocrazia", per stare a una formula frutto della vivida intelligenza di Giuliano Amato? Sì e no, verrebbe da rispondere subito. Il problema è presto detto: da più parti si denunciano le "invasioni di campo" della Protezione civile, che in nome dell'emergenza si muove (tra pochi controlli) in deroga alle leggi ordinarie e che è ora interessata (con la creazione di una società di servizi a totale capitale pubblico) a un nuovo riassetto. Al centro delle polemiche anche il ruolo del sottosegretario Guido Bertolaso, reduce dalla polemica con il governo degli Stati Uniti per come si sono articolati (o disarticolati) i soccorsi per il terremoto ad Haiti e fresco della designatura a ministro da parte del premier Silvio Berlusconi.
Il fronte della critica è variegato. Bertolaso, tra l'altro figura chiave del successo del governo sul fronte dei rifiuti in Campania, è descritto da Eugenio Scalfari su Repubblica come la «protesi» di un Berlusconi che attraverso il rafforzamento del potere esecutivo «anticipa il suo ideale, l'uscita dalla Repubblica parlamentare e l'ingresso nella democrazia autoritaria». Il Manifesto paragona la situazione attuale, di dilatazione a colpi di ordinanze (587 tra il 2002 e settembre 2009) dei poteri emergenziali in capo al governo, alla stagione della legge speciale proposta dal ministro democristiano Mario Scelba nel 1951 e respinta dal Parlamento. Mentre, su un versante più tecnico, dagli imprenditori (si veda il vicepresidente di Confindustria Cesare Trevisani sul Sole 24 Ore di domenica scorsa) arriva la denuncia di un redivivo "stato imprenditore" che, tra vere e presunte emergenze, grandi e piccoli eventi, con la nuova Spa della Protezione civile elude il "confronto di mercato".

Certo, la proliferazione delle ordinanze della presidenza del Consiglio (e, in parallelo, l'uso massiccio dei decreti legge) sono un fatto. Ma forse, più che alla denuncia di una sorta di golpe politico-legislativo strisciante, bisognerebbe guardare alla sostanza dei problemi messi in luce, e non certo da oggi, dai cortocircuiti decisionali che affliggono il sistema italiano. A cominciare dalla semplice constatazione fatta proprio da Giuliano Amato, già ministro dell'Interno del governo Prodi nel 2006, per spiegare il ricorso al potere speciale delle ordinanze: «Avevo bisogno di fondi per un viaggio del Papa a Napoli».

La democrazia "bloccata" non è solo quella in cui è impedita l'alternanza ma anche quella delle opere incompiute, dei ritardi amministrativi cronici, della giustizia senza certezze, degli imbuti burocratici in cui restano intrappolati, oltre i cittadini e le imprese, gli stessi governi, qualunque sia il loro colore. E in un sistema ad altissima inflazione legislativa, dove i controlli sono più formali che sostanziali e le leggi sono scritte male risultando spesso incomprensibili, la tendenza alla paralisi decisionale e alla pratica dei rinvii costituisce la vera prassi ordinaria. In un labirinto di opacità dove s'accentua il peso abnorme dei veto-player: ad esempio, per restare al tema normativo, basta guardare al crescente contenzioso tra stato e regioni.
Ci si meraviglia, poi, se oltre che per far fronte ai terremoti anche per una trasferta del Papa a Napoli o per i Mondiali di nuoto si deve ricorrere alle ordinanze speciali?

02 febbraio 2010
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