ITALIA

 
 
 

 
HOME DEL DOSSIER

4 Febbraio 2010

3 Febbraio 2010

2 Febbraio 2010

1 Febbraio 2010

30 Gennaio 2010

28 Gennaio 2010

27 Gennaio 2010

26 Gennaio 2010

25 Gennaio 2010

24 Gennaio 2010

23 Gennaio 2010

22 Gennaio 2010

21 Gennaio 2010

20 Gennaio 2010

19 Gennaio 2010

18 Gennaio 2010

17 Gennaio 2010

16 Gennaio 2010

15 Gennaio 2010

14 Gennaio 2010

13 Gennaio 2010

12 Gennaio 2010

11 Gennaio 2010

10 Gennaio 2010

9 GENNAIO 2010

6 GENNAIO 2010

5 GENNAIO 2010

03 gennaio 2010

2 gennaio 2010

31 dicembre 2009

30 dicembre 2009

29 dicembre 2009

28 Dicembre 2009

27 dicembre 2009

TERRORISMO / Quei ragazzi tra odio e Islam

di Khaled Fouad Allam

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
2 Gennaio 2010

Per gli esperti sta diventando un vero e proprio rompicapo; per i politici un allarme permanente con cui devono misurarsi perché investe direttamente le opinioni pubbliche, e dunque il loro consenso politico.

Che cosa c'è di strano, d'inconsueto in questo terrorismo che si richiama all'Islam, o a ciò che i terroristi pensano sia l'Islam? Il loro metodo sembra riassumersi nell'assenza di un metodo. Ciò che sorprende non è tanto l'utilizzo della religione come matrice ideologica in sé o come rivendicazione, quanto l'estrema facilità con cui esso può colpire da un punto all'altro del globo.

Sorprende anche la porosità delle masse sociali da cui attinge, e l'estrazione interclassista delle sue reclute: figli di miliardari, immigrati male integrati, studenti universitari, impiegati, disoccupati, quadri superiori, ingegneri e così via, tutti gli strati sociali possono essere coinvolti da quel vortice distruttivo e da quella volontà di utilizzare la morte propria e altrui per colpire.

Dei dati ci sono: la classe d'età, in genere dai 18 ai 35 anni; l'abitudine a viaggiare, materialmente e anche attraverso le culture, perché si tratta di ragazzi che vivono in una cultura dello spostamento e conoscono spesso più di una lingua; terzo elemento, questi ragazzi trovano nell'esperienza terroristica un modo di vivere la propria crisi, una crisi connotata anche da un conflitto generazionale, e che gioca con la vita e la morte, di sé e degli altri.

Vi è dunque qualcosa di oscuro e di nascosto in questo nuovo terrorismo, in cui convergono aspetti collettivi e individuali, fatti e risentimenti di un'intera generazione e aspetti interiori del vivere l'Islam, che il saggista Abdelwahab Meddeb chiamò in un suo libro "la malattia dell'Islam".

Oggi avere vent'anni nell'Islam non è la stessa cosa che avere vent'anni in Occidente. La repressione sessuale, il disordine affettivo, la rigidità dei rapporti parentali, hanno fatto esplodere un'intera generazione, una generazione che non è riuscita a fare un suo '68 perché c'è troppa rimozione e troppo rigetto.

Diversi giovani rimproverano alla generazione dei genitori il fatto che la loro decolonizzazione è stata incompiuta. Uno stato di cose che rende molto facile trasformare quei ragazzi in prede per i cattivi maestri. I cattivi imam hanno facile gioco nel trasformarli in bombe umane: la cultura del disagio e dell'odio ha reso disponibile questa gioventù all'esplosione interiore, individuale e collettiva.

Per aiutare altri giovani a non cadere in quella trappola mortale, è importante condurre indagini a livello etnopsichiatrico, sociologico e persino psicoanalitico per capire quella realtà, analizzando anche l'aspetto onirico delle loro trasgressioni; ed è essenziale padroneggiare le lingue da loro utilizzate per capire i loro problemi. Non esito a dire che un'intera generazione è in pericolo, nei suoi elementi psicologicamente più fragili. Lo studioso William Müller già negli anni 70 intuì il centro del problema, ma in relazione al rapporto tra Africa e Occidente, interessandosi alla rivolta dei Mau Mau, inventando il concetto di "nevrosi da contatto culturale".

Ma esiste un ulteriore aspetto da considerare: quello della "malattia dell'Islam" e dei rapporti conflittuali tra Islam e Occidente, fatti di bugie, di non detti e di molte incomprensioni da entrambe le parti. L'analisi del linguaggio, nel rapporto fra Islam e Occidente, la dice lunga sullo stato attuale della malattia, sia nelle relazione del mondo islamico con l'Occidente che viceversa. Esiste dunque, in questo terrorismo, una sorta di rivalità mimetica che ha sviluppato soprattutto negli ultimi vent'anni un odio verso il mondo occidentale. Tutte le situazioni di crisi politica - Yemen, Somalia, Pakistan, Afghanistan, Sahara, eccetera - divengono pretesto per un paradigma fondativo dell'ideologia politica: la sovradeterminazione dell'Islam di fronte a tutto il resto, che vorrebbero distruggere.

Questo fenomeno si nutre di una strana coniugazione tra mistica religiosa esacerbata e situazione politica. Per certi versi si tratta di situazionisti alla rovescia, che costruiscono strutture destinate a scomparire nelle sabbie mobili: la loro rintracciabilità è attraverso la velocità elettronica di internet, che trascende le distanze geografiche e le distanze culturali.

Per prevenire questo terrorismo si dovrà indagare e capire di più, e allo stesso tempo coinvolgere gli stessi musulmani, credenti e non, nel costruire un'altra cultura che sia in sintonia con la convivenza e la democrazia, pilastri sui quali si giocherà tutto il XXI secolo.

2 Gennaio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-