Avevano da poco montato gli specchi nuovi nei bagni della St. George's quando, durante la ricreazione, Andrea mi ha confessato che involontariamente ne aveva distrutto uno. Il preside era furioso e noi l'abbiamo preso in giro per mesi». Ilaria Capua non trattiene le risate ricordando gli anni del liceo, quando insieme ad Andrea Guerra - tra giri in Vespa e poca voglia di studiare - non immaginavano neanche che sarebbero diventati una scienziata e un manager di fama mondiale.
La direttrice dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie e l'amministratore delegato dell'impero di occhiali Luxottica, oggi poco più che quarantenni, selezionati dal Sole 24 Ore di ieri tra i dieci personaggi guida del 2009, erano compagni di scuola alla prestigiosa George's British International School di Roma. «Non eravamo certo studenti-modello ma sicuramente ragazzi brillanti», ammette Ilaria, che ha ricevuto i complimenti del governatore del Veneto Giancarlo Galan per il riconoscimento del Sole.
Intorno c'è la Roma degli anni Ottanta: le serate dance al Much More, le avventure in tv di Starsky e Hutch e i colpi di coda del terrorismo. «Ma noi alla St. George's, anche per la posizione periferica della scuola, eravamo un po' fuori dalla realtà. I nostri compagni, in compenso, provenivano da ambienti molto vivaci: figli di diplomatici, "mezzosangue", ragazzi e ragazze già internazionali».
In classe ci sono anche l'attore Alessandro Gassman e la giornalista Natalia Augias. I due futuri "campioni" fanno però parte di un quartetto affiatatissimo di cui Ilaria è la regina mentre Andrea spartisce il trono insieme a Paolo (nipote della scrittrice Elsa Morante), oggi avvocato di successo negli Usa, e Peter che «conduce una vita normale» in Inghilterra.
Il numero uno di Luxottica è «il tipico ragazzo perbene, che ama il tennis ma all'inizio poco l'inglese»; Paolo è l'alternativo che «legge le poesie di Allen Ginsberg», mentre Peter mette su i dischi dei Pink Floyd. «Io mi lasciavo trascinare nelle scoperte musicali mentre Andrea prendeva in giro me che di sport non volevo neanche sentire parlare». Ragazzi cresciuti tra le villette unifamiliari e i cognomi importanti del quartiere Olgiata, che cercavano «di uscire fuori dagli schemi senza mai trasgredire sul serio» e che oggi, con le loro carriere e le idee d'avanguardia, dimostrano che anche in Italia si può fare eccellenza. Anche se al liceo si parte da un 6-.
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