La Consulta era stata chiara: non si può chiedere una tariffa per un servizio che non si offre, quindi i 15 milioni di italiani ignorati dai depuratori non devono pagare la "pulizia" dell'acqua. Nel far partire (con un anno e mezzo di attesa) la macchina dei rimborsi, il governo è altrettanto limpido: il diritto costituzionale sarà anche nobile, ma i soldi servono e i rimborsi ai cittadini che hanno pagato il non dovuto vanno limitati il più possibile.
Con una particolarità: a calcolare lo sconto non sarà il creditore, ma il debitore, cioè le stesse autorità d'ambito che in una tabellina dovranno indicare i soldi già impegnati nella progettazione o nella realizzazione delle nuove opere. Meglio poi non andare troppo indietro nel passato: si potranno rimborsare solo gli ultimi cinque anni, il resto è mancia. Se non sarà sufficiente a evitare contraccolpi ai bilanci, la soluzione è semplice: aumenti alle tariffe di chi al depuratore è collegato, attuando un principio inedito per cui "chi non inquina paga".