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La nuova mania di scoprire conflitti di interesse ha indotto alcuni dei ricercatori migliori in campo medico a rifiutare qualsiasi finanziamento da parte delle compagnie farmaceutiche, non perché pensino che possono pregiudicare il buon esito della ricerca, ma perché sono stufi che, quando sui giornali si parla di loro tutta l'attenzione venga data alla questione dei finanziamenti, come se fosse la cosa più importante da sapere sul loro lavoro.
C'è, ovviamente, qualche caso tristemente noto di finanziamenti privati finalizzati a comprare determinati risultati, come i rapporti che pubblicò il Tobacco Institute per fugare le preoccupazioni sul rapporto fra il fumo e il cancro. Ma ci sono stati anche casi di lavori di dubbia qualità promossi dalle agenzie e dalle fondazioni governative impazienti di farsi pubblicità e di portare avanti i loro obbiettivi. È da ingenui parodiare le controversie scientifiche come battaglie fra l'azienda privata e l'interesse pubblico, come se i burocrati e gli attivisti non avessero il proprio tornaconto personale (e alleati ricchi e potenti come gli avvocati). Troppe volte, le denunce di conflitti di interesse sono state usate come tattiche diffamatorie per mettere a tacere scienziati che alla fine si è scoperto che avevano ragione.
Invece di stigmatizzare determinate categorie di fondi per la ricerca, forse dovremmo considerare il quadro nel suo insieme. Se i ricercatori pubblicassero sul loro sito web la lista di tutti i donatori, sia pubblici che privati, i giornalisti potrebbero semplicemente segnalare quel link e lasciar decidere ai lettori quali di questi donatori possono rappresentare un problema etico. Invece di seguire regole rigide nel riportare i conflitti di interessi, i giornalisti potrebbero esercitare il loro giudizio e riferire solo quelli che gli sembrano rilevanti.
A volte, sapere da chi sono pagati i soggetti in causa è indispensabile per dirimere un dibattito o una polemica. Ma in linea di massima, io sto con Pachauri: andate a guardare i dati scientifici, non da dove vengono i soldi.
(Traduzione di Gaia Seller)