Governo in stand-by sulle regole per il made in Italy. Le incertezze dell'esecutivo sull'ipotesi di revisione della normativa riflettono le diverse posizioni interne della maggioranza (con la Lega orientata a mantenere l'impostazione attuale) ma anche le visioni distinte del mondo economico. Per molti imprenditori l'idea è buona, ma è scorretta la sua applicazione asimmetrica: in mancanza di una regola Ue è un limite per le aziende italiane, non per quelle francesi o tedesche. Inoltre, può spingere a una sorta di "concorrenza" regolatoria tra porti, con lo sdoganamento a Rotterdam visto con maggior favore rispetto a quello di Genova. Altri operatori, in particolare artigiani e agricoltori, auspicano invece il mantenimento della normativa, come presidio di qualità per il prodotto autoctono. Posizioni distinte e rispettabili, che il governo è chiamato a "comporre". La speranza è che questa non diventi una bandiera per raccogliere consenso, ma solo per esercitare il buonsenso. È in gioco la tutela di qualità e competitività delle nostre imprese. A cui non si può chiedere di aprirsi al mondo per poi chiudergli la porta alle spalle.