ITALIA

 
 
 

 
HOME DEL DOSSIER
5 Ottobre 2009
4 Ottobre 2009
3 Ottobre 2009
2 Ottobre 2009
1 Ottobre 2009
30 Settembre 2009
22 Settembre 2009
21 Settembre 2009
20 Settembre 2009
19 settembre 2009
18 settembre 2009
17 Settembre 2009
16 settembre 2009
15 settembre 2009
14 settembre 2009

11 Settembre 2009

10 Settembre 2009
9 Settembre 2009
8 settembre 2009

7 settembre 2009

6 Settembre 2009
5 Settembre 2009
4 Settembre 2009
3 Settembre 2009
2 Settembre 2009

1 Settembre 2009

CRITICHE E DEMOCRAZIA / Perché non ho firmato l'appello

di Luigi Zingales

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
4 settembre 2009

Quand'ero al liceo e propagandavo le mie idee liberali, gli estremisti cercavano di zittirmi dandomi del fascista. In anni più recenti, l'insulto preferito per far tacere i dissenzienti era quello di comunista. In questi giorni il ministro Tremonti ha inaugurato un nuovo epiteto: economista.

Questo atteggiamento non mi offende come economista. Non giudico le persone sulla base dell'appartenenza a una categoria, ma sulla base della qualità delle loro idee. Gli economisti non hanno il monopolio delle buone idee, né (per fortuna) quello delle idee cattive. Molti di noi (io per primo) peccano d'arroganza, e il ministro ha ragione nel ricordarci un po' di umiltà.
La sua rabbia nasce da una frustrazione diffusa, condivisa perfino dalla regina Elisabetta, per il nostro fallimento nel prevedere ed evitare la crisi. E il ministro ha ragione nell'aspettarsi un'autocritica da parte degli economisti e un ripensamento di alcuni modelli che si sono dimostrati inadeguati ad interpretare la realtà. Autocritica e ripensamento che sono in corso.

L'atteggiamento del ministro mi preoccupa, però, come cittadino perché mal si addice a un paese democratico, quale l'Italia, dove le decisioni politiche dovrebbero emergere da un libero confronto di idee. Proprio perché penso che nessuno - sia esso un premio Nobel, un illustre ministro, o un pensatore illuminato – abbia il monopolio delle buone idee, ritengo pericoloso evitare un confronto pubblico sulla sostanza (e non sulla provenienza) delle idee. Quando lo scorso settembre il segretario del Tesoro americano Paulson presentò le sue proposte d'intervento nel settore finanzairio, non fu accolto da un'ovazione, ma da critiche severe. Queste critiche, però, lo aiutarono a migliorare il suo intervento. È solo dal libero confronto delle idee che emergono le soluzioni migliori, e ogni tentativo di zittire il dissenso si ritorce contro colui che il silenzio impone.

L'atteggiamento del ministro mi preoccupa anche perché potrebbe essere male interpretato come un tentativo di far pressione sui mezzi di comunicazione per indurli a un atteggiamento più ossequiente nei confronti del governo.
La crisi editoriale ha fortemente indebolito il potere della stampa non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Se il leggendario anchorman Walter Cronkite aveva il coraggio (e il potere) di dedicare 12 minuti della sua trasmissione allo scandalo del Watergate pochi giorni prima della rielezione di Nixon nel 1972, se le indagini di due giornalisti come Woodward e Bernstein furono in grado di costringere Nixon alle dimissioni, fu perché all'epoca la stampa e la televisione erano finanziariamente indipendenti e quindi non soggetti alle pressioni del potere politico.

Purtroppo lo stesso non è vero oggi. I mezzi di comunicazione americani (anche quelli di sinistra) furono troppo accondiscendenti al desiderio del presidente Bush d'invadere l'Iraq. E questa accondiscendenza si tradusse in scelte politiche profondamente sbagliate, che costarono al paese migliaia di uomini e centinaia di miliardi di dollari.
Ma l'atteggiamento del ministro Tremonti è particolarmente preoccupante in un paese come l'Italia, dove il presidente del Consiglio possiede quasi metà delle televisioni e controlla indirettamente l'altra metà.

L'Italia è in una profonda crisi economica. Una crisi che non è nata nel 2008, ma dura da più di qunidici anni. Una crisi che rischia di minare lo stesso tessuto sociale del nostro paese. Per risolvere questa crisi abbiamo bisogno delle idee di tutti: economisti, maghi e politici. Ed è proprio perché ritengo che il ministro sia in buona fede che lo invito a un dibattito di idee su questo giornale per indicare le soluzioni per uscire dalla crisi.
E in questo senso ben venga l'incontro organizzato dal Sole 24 Ore lunedì alla Bocconi per dialogare con economisti del calibro di Mario Monti e Guido Tabellini. A meno che il ministro non pensi che la crisi sia solo un'invenzione... degli economisti.

4 settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-