Il 2009 verrà ricordato come un anno orribile per le economie, ma fino a oggi è stato sorprendentemente positivo per gli investimenti finanziari. Fra le principali classi di attivo, non ce n'è una che sia in territorio negativo da fine 2008. Si va dal 3,7% dei titoli di Stato nominali al 40% delle Borse emergenti, passando per il 7% dei bond governativi inflation-linked, l'8% dei fondi immobiliari quotati, il 10% di Wall Street, l'11% dell'oro, il 12% di Piazza Affari. Con l'inflazione che nel frattempo è stata vicina allo zero, si tratta di ritorni praticamente reali. Gli investitori sono diventati più ricchi, almeno per quanto riguarda le loro attività finanziarie. Più incerto, probabilmente in declino, è invece l'andamento del prezzo delle case, che per le famiglie italiane rappresentano più del 60% della ricchezza totale.
I mercati azionari hanno cercato di anticipare a partire dal 9 marzo un'uscita dalla recessione che a oggi non è affatto confermata. Da quel giorno le Borse mondiali hanno messo a segno un +44%. Il rapporto prezzo/utili normalizzato della Borsa Usa (Graham P/e, che al denominatore usa la media dei profitti a 10 anni) è passato da 13,4 a 18,3, quindi al di sopra della media 1871-2009 (16,3). Ciò non implica che i listini debbano flettere, semplicemente che ci sono stati lunghi periodi nella storia in cui le azioni sono state molto più convenienti.
La tentazione di comprare azioni con quotazioni a sconto sui fondamentali (ce ne sono anche in mercati sopravvalutati) deve confrontarsi con la storia, che mostra che quando gli indici di Borsa scendono, si portano dietro più o meno tutto. Nel crash 2008/2009, hanno trascinato al ribasso anche attività che dovevano essere decorrelate, come gli hedge funds, i fondi immobiliari, le obbligazioni, e perfino i titoli di Stato a cedola reale. In assenza di una propensione al rischio elevata, e di un'ottima preparazione, la priorità ora dovrebbe andare alla protezione del capitale. È vero che investire in BoT equivale a mettere i soldi sotto il materasso, visto che rendono lo 0,08%. Ma (come si leggerà domani sulla copertina di «Plus24») alcune banche riescono a essere ancora competitive nella remunerazione dei depositi.