«Nell'arte contemporanea alcuni autori la cui produzione è "misurata" sono destinati a non perdere valore». Non ha dubbi il critico Vittorio Sgarbi nel giustificare le cifre record raggiunte dal mercato dell'arte e ben rappresentate dai 74,2 milioni di euro dell'asta londinese per L'Homme qui marche I di Alberto Giacometti. «Anche in momenti di crisi come questo l'offerta è sempre stata forte. Alcune opere come la scultura di Giacometti hanno un maggior pregio intrinseco e la quotazione deflagra. Altre escono dall'interesse, qui c'è una selezione più forte, ma il valore non viene messo in discussione».
«Se dovessi fare una scommessa su quali saranno i prossimi record - prosegue Sgarbi- punterei senza dubbio su Lucien Freud. Ha una quotazione alta Antonio López García. Poi c'è l'americano Andrew Wyeth. E c'è spazio ancora per Francis Bacon. Si tratta di artisti lontani da gruppi e movimenti, con una visione individuale ad altissima concentrazione di valori e sensibilità. La stessa connotazione individuale che fa la differenza per il De Chirico metafisico. Quanto a Giacometti incarna l'affermazione dell'ultimo valore umanistico come simbolo di un'epoca. E credo che l'alto valore raggiunto da L'uomo che cammina I dipenda da ciò».
E ancora: «Dopo Picasso forse è proprio Giacometti a riassumere il secolo breve, anche se l'artista svizzero non è stato inteso dalla critica d'arte militante ma da intellettuali come Giorgio Soavi e da James Lord. Intellettuali, pensatori e scrittori che intendono lo spirito dei tempi. Ecco perché io immagino una Biennale di Venezia in cui chiedere a Umberto Eco, Pietro Citati, Claudio Magris quale sia per loro l'artista contemporaneo di maggiore rilievo. Fermo restando che solo l'arte che non nega l'uomo, non lo riduce ad arte povera, cioè a niente, alla fine viene premiata».
«Nella scultura di Giacometti la figura dell'uomo è protagonista assoluta - prosegue il critico - e, nonostante le quotazioni, non si può ridurre l'arte al gioco di un "balordo" (Damien Hirst, ndr) che taglia a fette un animale». E pazienza se russi e asiatici, che spesso "fanno il mercato", non la pensano così. «Chiunque entri in un mercato segue delle linee guida. Linee che provengono da un Occidente che su questa materia ha lavorato. Potendo valutare diverse offerte, gli investitori di Abu Dhabi scelgono quella occidentale. Poi la cifra record la fa il mercato, ma ci si misura con valori da noi stabiliti».