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Programmi per ripartire / Tre lezioni a chi innova

di Giorgio Barba Navaretti

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05 febbraio 2010

Dove si possono incontrare il piano nazionale per la ricerca e le imprese innovatrici? In molti luoghi, se si evita il viale dei sogni infranti, il Boulevard of Broken Dreams, come s'intitola una canzone del complesso rock-punk Green Days. Gran parte delle principali esplosioni d'imprenditoria innovativa, Silicon Valley, Tel Aviv o Bangalore devono molto alla mano pubblica. Ma dietro questi casi di successo esiste un'infinità di denaro sprecato in progetti inutili. Appunto, il viale dei sogni infranti, che è anche il titolo di un'interessante analisi delle esperienze mondiali in questo campo, scritta da Josh Lerner, uno dei più grandi studiosi di venture capital della Harvard Business School.

Ora, lo sblocco del Fondo di agevolazione della ricerca (Far) è un'occasione importante per riflettere su queste esperienze e derivarne qualche istruzione per il manovratore. La spesa per R&S sul Pil delle aziende è in Italia circa un quinto della media di Germania, Francia e Gran Bretagna. A parte i casi di successo, un'infinità di imprenditori non innovano. Dunque, ha ragione il governo a chiedersi come rafforzarne la spinta innovativa, appunto con il varo del Far (non si tratta di nuove risorse ma della riallocazione di fondi già esistenti) e di altre iniziative. Se l'obiettivo di questi interventi è dunque condivisibile, la loro efficacia dipenderà dall'effettivo disegno delle misure. Queste dovranno tenere conto di tre considerazioni.

La prima, è la necessità di distinguere interventi di sviluppo e d'emergenza. Qualunque programma d'intervento dev'essere estremamente selettivo sia nelle condizioni di entrata, sia nelle condizioni d'uscita dei progetti che risultino essere fallimentari. La natura pubblico-privata delle misure previste dal piano rende delicato questo punto. Ma selezionare i progetti validi, evitando inoltre che l'ombrello pubblico determini un azzardo morale per ulteriori finanziamenti delle banche, non sarà semplice. Lo stesso ombrello non deve diventare una giustificazione per sostenere progetti decotti. Il ministro Gelmini ha giustamente promesso di allocare questi fondi sulla base di criteri di merito, ponendo fine alla pratica deleteria dei finanziamenti a pioggia. Ma qui il diavolo sta nei dettagli: quali criteri di selezione adotterà il piano per raggiungere questo obiettivo?

La seconda lezione è che il successo delle iniziative imprenditoriali dipende soprattutto dal contesto economico istituzionale in cui queste nascono. Marco Da Rin, Giovanna Nicodano e Alessandro Sembenelli dimostrano in un recente studio che il venture capital in Europa è stato soprattutto efficace in paesi con pochi vincoli legali e burocratici all'imprenditorialità e bassa tassazione. Le misure di finanziamento pubblico saranno comunque poco efficaci se non vengono affrontati i nodi strutturali che da sempre minano la competitività delle nostre imprese.

Infine, terza lezione, si parla spesso di poli d'innovazione, perché le imprese che fanno R&S si concentrano geograficamente. Questa condizione pone ovviamente una sfida particolarmente grave al Sud, dove i poli d'innovazione sono rare eccezioni. Per questa ragione, l'apertura del bando del Programma operativo nazionale (Pon) «Ricerca e competitività 2010-2013» anche alle imprese del Nord renderà più facile collegare gli interventi al Sud alla maggiore massa critica di ricerca nel resto del paese.

Insomma, il finanziamento all'innovazione delle imprese che deriverà dal Far e da altri programmi è un essenziale contributo al rilancio della ricerca nel paese. Ma è anche una misura ad alto rischio di essere inefficace. Per questo le linee guida e i meccanismi d'allocazione dei fondi dovranno essere trasparenti e studiate con grande attenzione e concretezza.

05 febbraio 2010
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