La storia propone un lungo campionario di immagini che sono state manomesse per dimostrare l'indimostrabile, cancellare un nemico, forzare una situazione per far passare decisioni scomode o semplicemente per screditare un avversario. Pratiche da regime. Poi, da Robert Capa in giù, il dibattito sul rapporto tra l'immagine e la realtà, quanto di più franco dovrebbe esserci, è stato adulterato più e più volte. La semiotica non c'entra nulla. Il dotto dilemma se una fotografia al fronte è di per sé un falso - perché il soggetto sotto l'obiettivo diventa attore e si fa condizionare - neanche. Qui siamo di fronte a una vera e propria costruzione della scena per rendere la fotografia più appetibile, piazzabile sul mercato e, in definitiva, pubblicabile. Fotografi, giornalisti e cineoperatori di tutto il mondo che davanti alle rovine di guerra piazzano peluche e pupazzi di Topolino. Saigon era Disneyland (in confronto) era semplicemente il titolo di un riuscito libro satirico di Gino e Michele. Oggi scopriamo che, purtroppo, la commistione è stata spacciata per realtà. Alle spalle di chi legge i giornali e guarda la televisione.