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Il pericolo 2010? Restare nel guado con gambe molli

di Alessandro Merli

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6 gennaio 2010

L'agenda del dopo-crisi è fitta di discussioni sulla riforma della finanza. Sulla macroeconomia sembra invece incagliata su tempi e modi dell'uscita dai piani di stimolo. Alcuni problemi di fondo sono insoluti, in primis gli squilibri globali: il deficit esterno Usa e i surplus di Asia ed esportatori di petrolio. La questione non solo precede la crisi, ma ha contribuito alla sua genesi.

La crisi stessa ha portato una contrazione significativa degli squilibri, ma Richard Baldwin e Daria Taglioni sono stati i primi a sostenere che è temporanea e deficit e surplus torneranno a divaricarsi con la ripresa. Per il capo economista del Fondo monetario, Olivier Blanchard, e uno degli esperti in materia dell'Fmi, Gian Maria Milesi-Ferretti, siamo «in mezzo al guado», dal titolo di un recente articolo che prudentemente «riflette l'opinione degli autori», ma che servirà come ingrediente per la discussione all'Fmi e nel G-20 nel 2010.

Il Fondo addita gli squilibri globali come uno dei grandi rischi per l'economia mondiale fin dal 2005. L'anno dopo ha condotto una consultazione multilaterale, le cui raccomandazioni sono state seguite solo in misura modesta. Nel 2009 ci ha pensato la crisi a ridurre gli squilibri attraverso il calo del petrolio, lo scoppio delle bolle soprattutto immobiliari in Usa e altri paesi in deficit con la contrazione della domanda e l'aumento forzoso del risparmio, la minor propensione degli investitori internazionali a finanziare i disavanzi altrui.

Andando indietro alle politiche suggerite pre-crisi, solo l'aumento dei risparmi privati americani si è avverato, mentre il deficit pubblico Usa ha anzi accelerato proprio per effetto della crisi e l'aggiustamento dei conti con l'estero cinesi rischia di rivelarsi effimero senza una rivalutazione dello yuan. Anche il rincaro del petrolio spinge nella direzione opposta a quella desiderata.
Lo scenario ideale, secondo i due economisti dell'Fmi, sarebbe una correzione del deficit federale americano con un calo del tasso di risparmio cinese e un apprezzamento dello yuan, insieme ad azioni di riequilibrio degli altri paesi emergenti in surplus. Ma non sembrano crederci nemmeno loro. Il secondo scenario è che la Cina aumenti la domanda interna, senza però toccare il cambio (bloccando anche gli altri emergenti) e gli Usa continuino lo stimolo fiscale. Il rapido aumento del debito pubblico e la crescente riluttanza degli stranieri a finanziarlo sarebbero i fattori di rischio più gravi. La terza ipotesi (più vicina alle previsioni Fmi di ottobre) è simile alla seconda, ma in questo caso gli Usa mettono mano alla riduzione dello stimolo. L'economia americana va in stallo, aiutando gli Usa a contenere il deficit esterno, ma la crescita globale resta squilibrata e il peso maggiore ricade sull'area euro con un apprezzamento reale del cambio che si accompagna al rallentamento della domanda. Il rischio appunto è di «restare in mezzo al guado». Opzione pericolosa per una ripresa ancora dalle gambe molli.

6 gennaio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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