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La risposta da dare a mio avviso - ma non soltanto mio, come ho potuto constatare nell'incontro del giugno scorso con altri autorevoli presidenti "non esecutivi" di stati membri dell'Unione - è netta : no, è indispensabile sciogliere quei nodi. Tanto per cominciare, concludendo la vicenda, che si trascina da otto anni, del nuovo Trattato dell'Unione, portando a termine la ratifica del Trattato di Lisbona e procedendo decisamente alla sua attuazione. Il futuro dell'Europa, e per essa dell'Unione Europea, non può rimanere sospeso al filo della defezione anche di uno solo del 27 paesi i cui governi hanno solennemente firmato un Trattato.
Confidiamo ora nei voti del Bundestag e del Bundesrat tedeschi in ottemperanza alla complessa se non inquietante sentenza della Corte di Karlsruhe; confidiamo nella saggezza degli elettori irlandesi chiamati a pronunciarsi con un nuovo referendum, e contiamo sull'impegno dei leader politici più europeisti di quel paese.
Nello stesso tempo bisogna esser pronti a cercare nuove soluzioni se ciò sarà necessario; e bisogna presto saper fare scelte giuste per le prossime designazioni dei vertici istituzionali dell'Unione. Permettete a me, come vecchio parlamentare nazionale ed europeo, di aggiungere concludendo un'espressione di apprezzamento e di fiducia per il contributo che potrà venire dal parlamento europeo - qual è scaturito dalle recenti, difficili elezioni - che è oggi chiamato a operare per riguadagnare alla causa europea il consenso di troppi elettori che se ne sono allontanati.