Qualcosa si muove. Lentamente, ma si muove. Anche nel variegato mondo delle casse professionali l'invecchiamento progressivo della popolazione consiglia maggiore prudenza. E così, con alcune differenze tra le categorie, ci si avvia ad aumentare età pensionabile e aliquote. E se, da un lato, gli enti restano lontani dai versamenti chiesti ai dipendenti pubblici e privati, dall'altro stanno però apparecchiando pensioni più lontane nel tempo per chi oggi è nel pieno dell'attività.
Un primo strappo è della Cassa forense: dal 2021 gli avvocati potranno andare in pensione solo dopo aver compiuto i 70 anni e aver raggiunto i 35 anni di contributi. All'inizio si pensava a un'entrata a regime della riforma più lenta (dal 2027) ma i ministeri dell'Economia e del Lavoro hanno chiesto di stringere i tempi.
Un incremento è stato previsto anche dai veterinari: fra sette anni per ricevere l'assegno serviranno 68 anni di età (invece degli attuali 65) e 35 di contributi (contro i 30 richiesti fino ad oggi). Già dal 2004 i dottori commercialisti hanno optato per i 68 anni, lasciando la facoltà di restare al lavoro fino ai 70.
In linea con il nuovo regime pubblico delle quote è poi la scelta di Inarcassa che con la riforma a regime – tra cinque anni – imporrà a chi vuole smettere l'attività di raggiungere «98», sommando età anagrafica e contributiva.
Ma i professionisti non sono solo destinati a lavorare di più. Con la stretta alle Casse private decisa dalla Finanziaria 2007 saliranno anche i contributi. Anche se solo parzialmente a carico degli iscritti agli Ordini. Da quest'anno, per gli avvocati scatta il raddoppio dal 2 al 4% del contributo integrativo, che di solito viene addebitato al cliente con la parcella. La conferma del 4% per i dottori commercialisti è arrivata prima di Natale. Ingegneri e architetti attendono l'autorizzazione sulla «Gazzetta Ufficiale».