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BENESSERE E DELINQUENZA / Meno delitti? La crisi c'entra, anzi no

di Marzio Barbagli

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7 gennaio 2010

Negli Stati Uniti, la recessione degli ultimi due anni ha provocato un aumento del tasso di disoccupazione, ma è stata anche accompagnata, inaspettatamente, da una diminuzione del numero dei reati. Nel primo semestre del 2009, il tasso di omicidi è sceso del 10%, quello dei furti del 6 per cento. È la prova, secondo il Wall Street Journal che ieri ha pubblicato un articolo di Heather Mac Donald, che la vecchia tesi secondo cui povertà e diseguaglianze economiche favoriscano la criminalità è uno dei tanti residui ideologici del Novecento dai quali dobbiamo liberarci se vogliamo capire cosa sta avvenendo. Sulle cause di questa inaspettata riduzione della frequenza dei delitti, l'analisi del Wall Street Journal non nutre dubbi. È merito dell'inasprimento delle pene, dell'accresciuta efficienza delle forze dell'ordine e dell'espansione della popolazione carceraria.

È da almeno 30 anni che gli studiosi di scienze sociali si sono liberati dalla pestilence fallacy, dall'idea cioè che all'origine di un male non possano che esservi altri mali e dunque che le principali cause della criminalità siano analfabetismo, disoccupazione, povertà: da quando hanno visto che, nei paesi occidentali, il tasso dei reati contro il patrimonio e le persone è cresciuto vertiginosamente dal 1955 al 1972, nel più lungo periodo di prosperità conosciuto. «Dobbiamo chiederci - scriveva nel 1969 la National Commission on the Causes and Prevention of Violence a proposito degli Stati Uniti - perché nell'ultimo decennio vi è stato un forte aumento della criminalità violenta, mentre le condizioni che si suppone ne siano la causa, ben lungi dal peggiorare, sono migliorate». I ricercatori e gli studiosi europei si sono posti domande analoghe. Perché nella Repubblica federale tedesca, il numero dei furti è aumentato del 500% dal 1955 al 1987? Perché dopo il 1950, mentre il governo laburista riusciva a ridurre le diseguaglianze sociali, in Svezia il numero dei delitti è cresciuto?

Per dare una risposta a questi interrogativi essi elaborato nuove teorie (ad esempio, il routine activity approach), secondo le quali l'aumento di alcuni tipi di furti e di rapine è stato prodotto da mutamenti positivi degli stili di vita che hanno reso meno rischioso e più remunerativo commettere tali delitti. Questi mutamenti, avvenuti nei paesi occidentali dalla metà degli anni Cinquanta, sono stati: la miniaturizzazione di molti beni, che ha facilitato il loro trasporto; l'aumento della mobilità della popolazione, che ha avvicinato le vittime potenziali a coloro che sono disposti a compiere un borseggio, una rapina o un furto di auto, mentre le ha allontanate dalle loro abitazioni; la straordinaria crescita del numero di donne che svolgono un lavoro extradomestico che, facendo sì che le case fossero sempre meno custodite durante il giorno, ha favorito i furti di appartamento. È, ad esempio, per questo che in Italia (come in altri paesi occidentali) tali furti sono più frequenti non nelle zone dove più alto è il numero dei disoccupati, ma in quelle nelle quali è maggiore il tasso di attività della popolazione femminile.
Questa teoria può aiutarci a capire cosa sta succedendo ora. Negli Usa, la diminuzione del tasso di criminalità non è iniziata con la recessione degli ultimi due anni, ma nel 1992. Secondo molti studiosi, il crollo dei reati contro il patrimonio dell'ultimo quindicennio è riconducibile ad altre trasformazioni che hanno reso i borseggi e gli scippi, le rapine e i furti in appartamento meno remunerativi: la sostituzione del denaro contante da parte delle carte di credito e dei bancomat e il crollo dei prezzi di molti oggetti rubati. È molto probabile che le innovazioni introdotte nell'organizzazione della polizia, per renderla più efficiente, abbiano contribuito alla diminuzione di furti e rapine. È invece dubbio (e controverso) il ruolo svolto in questo processo dall'inasprimento delle pene e dall'aumento dei carcerati. È certo però che anche nell'Europa occidentale, dove il numero dei detenuti non è cresciuto così tanto (756 su 100mila abitanti negli Usa, 96 in Francia, 95 in Austria, 93 in Belgio, 92 in Italia e 89 in Germania), vi è stata, dal 1992, una diminuzione di molti reati contro il patrimonio, proprio di quelli (ad esempio, i furti di auto) che sono sempre meno remunerativi.

Tutto questo non deve farci dimenticare che, pur essendo diminuita in molti paesi occidentali, la frequenza degli omicidi resta maggiore dove più forti sono le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza e dove lo stato protegge meno gli individui, con servizi e trasferimenti di denaro, dai rischi sociali.

7 gennaio 2010
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